Notre-Dame, Parigi al centro del mondo. Ma il trionfo di Macron diventa imbarazzo

Presenti i grandi, possibile incontro Trump-Zelensky. Scioperi, proteste e debolezza politica rovinano la festa

Notre-Dame, Parigi al centro del mondo. Ma il trionfo di Macron diventa imbarazzo
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È il giorno del risveglio della «Signora di Parigi». E doveva essere pure quello del trionfo: di una nazione che ritrovando unità riesce «a fare l'impossibile», come rivendicato da Emmanuel Macron in tv, un presidente della Repubblica riuscito a mantenere la promessa fatta 2.062 giorni fa davanti a Notre-Dame: «La ricostruiremo in cinque anni», annunciò dopo l'incendio dell'aprile 2019. Con un ritardo di pochi mesi, Macron può dire d'esserci riuscito. Peccato, però, che la vigilia della due giorni che vede arrivare 50 tra capi di Stato e di governo per la riapertura della cattedrale (Macron parlerà alle 19, cerimoniale stravolto per via della pioggia) trovi in realtà un Paese tutt'altro che unito.

Senza un governo, con partiti politici litigiosi e in un clima per nulla disteso o festoso, l'Esagono è alle prese con scioperi dei dipendenti pubblici e imprenditori disorientati dalla crisi; proteste di migliaia di agricoltori preoccupati per i mancati interventi in loro favore previsti da una manovra di bilancio saltata con la caduta del dell'esecutivo, sfiduciato dopo 3 mesi di vita; per non parlare della «massima allerta terrorismo», che ha costretto a schierare oltre 6 mila tra poliziotti, gendarmi e militari, chiudere negozi e boutique circostanti Notre-Dame e pure i banchi di libri e locandine d'epoca sull'Ile de la Citè. Si temono inoltre casseur e proteste dell'ultra-gauche.

Il parterre degli ospiti è di prim'ordine. Dal presidente eletto Donald Trump a Volodymyr Zelensky (i due potrebbero incontrarsi, un mini-vertice è «possibile» fa sapere Kiev) fino a Sergio Mattarella e al principe William d'Inghilterra. Anche Ursula Von der Leyen era tra i confermati. Ma un Macron furibondo sui social, perché contrario al Sì all'accordo di libero scambio Mercosur appena finalizzato da lei in Sudamerica, ne ha innescato ieri il forfeit dell'ultimo minuto: alla riapertura di uno dei simboli d'Europa non ci sarà dunque la presidente della Commissione Ue. Ci saranno i sovrani di Marocco e Giordania e vari leader africani anche da Paesi dove i francesi sono stati messi alla porta, come il Gabon. Insomma, altro che celebrazioni. Dietro le quinte, ci si guarderà le spalle. E si cercherà di evitare l'imbarazzo.

D'altronde Macron, il 29 novembre, era già stato protagonista della prima visita all'interno della cattedrale dopo il restauro. Circostanza già sfruttata per intestarsi la riuscita del cantiere. Le telecamere di Bfmtv per tre ore lo seguirono statua per statua fino al suo discorso dentro l'edificio religioso - una prima assoluta per la storia recente - su un podio da cui Macron svettava sugli operai e sull'arcivescovo, venti centimetri più in basso di lui. Lì aveva parlato di «spirito di fraternità unico» per un «progetto senza precedenti», riferendosi anche alle donazioni arrivate per la ricostruzione: 800 milioni spesi solo in parte. I fondi avanzati serviranno per altri lavori all'esterno, un parco verde e un parcheggio ultramoderno con sale conferenze. Ma di quello spirito di fraternità, vantato a più riprese, i francesi oggi non vedono traccia nella classe politica, a partire dal presidente «capo-cantiere». Stando a un sondaggio di Le Figaro, 6 su 10 vorrebbero le dimissioni di Macron dopo la crisi: Elabe indica il 62% e la voglia di un governo tecnico per il 66%. Weekend di celebrazioni, inni alla resilienza. In una Francia che prova a reinventarsi Grandeur per due giorni con un capo dello Stato che riempie Notre-Dame nel vuoto politico.

Stasera, dopo una breve funzione, la festa, meteo permettendo: musica barocca, pop, un dj set e l'immancabile Marsigliese. Dentro la cattedrale, anche un presepe Made in Napoli a testimonianza dell'amicizia Italia-Francia. Attorno, consultazioni, veti e sconforto.

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