Che si prova a guardare alcune foto di Donatella Versace, che da giorni stanno facendo il giro del mondo? Cosa sentiamo per questa donna che ora vuole sfoggiare il suo nuovo viso stravolto, ancora più stravolto del solito? Qual è la prima, generale, istintiva reazione di fronte a dei lineamenti che stentiamo a riconoscere?
Ribrezzo, disgusto, pena, disagio? Non ne sono sicura, ma mentre scorro un'immagine dopo l'altra, mentre osservo quella faccia surreale e come pietrificata nel tempo, congelata nell'illusione della grazia fisica, chiusa, serrata stretta a un senso ferocissimo di caparbietà e sfida, mentre osservo un simile panorama umano mi viene in mente Pirandello. «Vedo una vecchia signora» scrisse in un famoso saggio, «coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere» continua l'autore, il quale poco dopo affermerà che quello da lui provato è un «avvertimento del contrario», derivante da uno scollamento, meglio ancora da un contrasto, una lotta, una guerra vera tra l'apparenza e la realtà. Questo, dice Pirandello, è il comico, ed è cosa ben diversa dall'umorismo, che sopravviene invece quando si diventa empatici col soggetto suscitante la de-risione.
Cos'ha portato allora l'anziana di Pirandello a inzaccherarsi tanto assurdamente? E cosa porta
Donatella Versace a seguire la medesima strada ma con ancora più veemenza, con ancora più voglia di alterarsi, meglio ancora di snaturarsi per sempre?Condannarla sarebbe altrimenti troppo semplice, sarebbe troppo poco umoristico.
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