"Pazzali mi ordinò di spiare La Russa"

L'ex poliziotto Carmine Gallo ammette i dossieraggi illegali. E inguaia i clienti vip

"Pazzali mi ordinò di spiare La Russa"
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È vero, dice Carmine Gallo (nella foto), ex superpoliziotto, agli arresti per associazione a delinquere e accesso abusivo a sistemi informatici nell'inchiesta sulla «fabbrica dei dossier» milanese: il mio capo Enrico Pazzali, presidente della Fiera di Milano e proprietario di Equalize, mi ha commissionato negli anni migliaia di accessi illegali e centinaia di dossier, materiale che utilizzava per attaccare i suoi avversari e per aiutare i suoi amici. Pazzali conosceva perfettamente i metodi illeciti che usavamo, compresi gli accessi abusivi allo Sdi, la banca dati del Viminale. Mi chiese di confezionare un dossier anche su Ignazio La Russa, che pure era suo amico; io mi rifiutai di fare l'accesso abusivo perchè sarebbe scattato un alert, ma realizzammo comunque il report e lo consegnammo a Pazzali.

È un fiume in piena Gallo, interrogato ieri a 48 giorni dall'arresto dal pm milanese Francesco De Tommasi e dal pm nazionale antimafia Antonello Ardituro. Gallo sa che anche la sua seconda vita, quella da segugio privato, è finita. Sceglie di confessare. Solo su un punto sia lui che il suo braccio destro Nunzio Calamucci sono netti: non abbiamo mai hackerato la banca dati del Viminale («anche se mi sarebbe piaciuto», dice Calamucci), ma non era necessario: avevamo chi faceva gli accessi per noi. E le notizie che acquisivamo in questo modo erano il valore aggiunto dei report che Equalize confezionava per i suoi clienti. Come Pazzali, anche i clienti sapevano bene che si trattava di notizie illegali, anche se nei report le mischiavamo con altre notizie. Lo sapevano - spiega Gallo - i clienti vip finiti sotto inchiesta, e lo sapevano gli uffici legali di Heineken, di Erg, delle grandi aziende che utilizzavano Equalize per stanare i dipendenti infedeli. Senza la collaborazione delle aziende, installare i trojan sui telefoni dei dipendenti sospetti sarebbe stato impossibile.

Contro il suo ex capo Pazzali, Gallo va giù pesante. Lo accusa non solo di avere commissionato accessi abusivi in modo compulsivo ma di avere anche utilizzato gli hacker di Equalize per spiare i whatsapp dei suoi avversari: Paolo Scaroni, ex ad di Eni, in corsa come lui per guidare le Olimpiadi 2026, o il giornalista Giovanni Pons e Giovanni Gorno Tempini, ex di Fiera Milano, colpevoli secondo Pazzali di un articolo scomodo. Di Pazzali, Gallo racconta ai pm le relazioni politiche e istituzionali. Parla di una consulenza da dueecentomila euro ottenuta da Banca Intesa, che forse secondo Gallo nascondeva qualcos'altro. Racconta che quando Pazzali sospettava di essere indagato riuscì a farsi ricevere non solo dal procuratore della Repubblica di Milano (come già si sapeva) ma anche dal presidente del tribunale e dal capo del pool antimafia.

Quando gli chiedono dei rapporti tra Equalize e i servizi segreti,chiama in causa il suo ex socio Pierfrancesco Barletta: era lui, dice Gallo, il contatto con l'intelligence, era per parlare con lui che la sede di Equalize veniva frequentata dagli 007 del centro Aisi di Milano. Barletta era anche il contatto con la politica versante progressista: tra i suoi amici che facevano visita in via Pattari Gallo cita anche l'europarlamentare pd Pierfrancesco Majorino.

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