Un piano industriale per l'Italia. Tajani: "Così si ferma il declino"

Forza Italia presenta il documento alle imprese. "E ora bisogna cambiare in Europa le scellerate scelte del Green Deal"

Un piano industriale per l'Italia. Tajani: "Così si ferma il declino"
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Un piano industriale per l'Italia e per l'Europa. Un programma che fissa le priorità per sventare il declino industriale: è il documento che Forza Italia ha preparato anche dopo aver ascoltato i protagonisti dell'industria nazionale. E che ieri è stato illustrato a Milano dal vicepremier, ministro degli Esteri e presidente del partito Antonio Tajani e dal responsabile economico e deputato Maurizio Casasco, che ha organizzato un evento dove sono intervenuti imprenditori, manager, sindacati e accademici per dare il loro contributo. «Dopodiché - ha detto Tajani - perfezioneremo il documento e lo presenteremo ai nostri alleati sia in Italia che in Europa».

L'iniziativa ha raccolto adesioni di alto livello. Dal presidente di Confidustria Emanuele Orsini, a quello dell'Enel Paolo Scaroni; dai numeri uno di Federacciaio e Federchimica, Antonio Gozi e Marcello Cattani, al capo della Renault Luca De Meo; da Brunello Cucinelli al ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto, e tanti altri nomi illustri. Segnale inequivocabile della forte interlocuzione che Tajani mantiene con il mondo dell'industria, rendendo Forza Italia il suo riferimento politico più naturale. E non è un caso che nell'esaminare le urgenze del mondo economico il vicepremier abbia citato a più riprese Silvio Berlusconi e il dna liberale che ha lasciato in eredità.

Nel documento tre priorità. Rilancio del manifatturiero, selezione dei settori strategici e sviluppo di politiche per pochi ma chiari obiettivi: abbassare il costo dell'energia, ridurre la burocrazia, spingere l'export su nuovi mercati, abbassare la pressione fiscale. Per ottenere due risultati: maggiore competitività e più attrattiva per gli investimenti, interni ed esteri.

Tra i numeri presentati si riporta (fonte Banca Mondiale) il calo della quota manifatturiera (costruzioni escluse) sul Pil Ue: siamo passati dal 20% del 1991 al 14,6% del 2023. Per l'Italia, da poco più del 20% al 15%, mentre la Germania da oltre il 25% al 18,6%. Per Tajani «obiettivo minimo è tornare al 20%». Ma non c'è piano per l'Italia che non sia anche per l'Europa: «Ci muoviamo in un contesto europeo, perché non si può arrestare il declino industriale se non lo si fa in un contesto comunitario». Dicendo poi con chiarezza qual è il punto di partenza: «Bisogna modificare le scellerate scelte del Green Deal della vecchia commissione».

E di qui si è scaturito il dato politico più rilevante della giornata: tutti contro l'Europa del von der Leyen Uno. Il più spietato è stato Cattani: «La prima commissione von der Leyen ha fallito, e io non mi fido nemmeno della seconda. Mi fido solo di Fitto e del governo italiano». Emblematico il caso dei brevetti: «Noi esportiamo farmaci in tutto il mondo, 7 miliardi in Usa, e la Ue vuole accorciare i brevetti? Follia dettata dall'ideologia della salute sostenibile». In linea Scaroni, che - sul terreno dell'energia - definisce «messianico» l'approccio Ue su decarbonizzazione e rinnovabili. Per abbassare i costi energetici oggi doppi rispetto a Francia o Spagna, e tornare competitivi «con le tecnologie che abbiamo - ha detto - l'unica alternativa è il nucleare». Tema sul quale il ministro Pichetto è intervenuto, forte del disegno di legge appena presentato, che conta di vedere approvato entro l'anno. Tornando alla Ue, l'allarme sull'auto l'ha lanciato De Meo, sia sui costi dell'energia, sia sulla transizione green che rischia di creare un buco nella bilancia commerciale e una crisi occupazionale.

Se quindi il piano industriale per l'Italia, inteso come insieme di target di lungo periodo, è ampiamente condiviso dalle

imprese, è altrettanto chiaro che ogni idea di politica industriale deve fare i conti con l'Europa. Nella speranza che la Commissione Ursula bis smentisca gli approcci messianici e le scelte ideologiche della Ursula Uno.

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