Se Trump si sfila Xi assalta Taiwan

Da quando tre anni fa Vladimir Putin ha ordinato l'invasione dell'Ucraina si va ripetendo che Xi Jinping, che non nasconde la sua intenzione di aggredire e annettere a forza la piccola Cina nazionalista di Taipei

Se Trump si sfila Xi assalta Taiwan
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Un avvertimento «agli indipendentisti taiwanesi» a fermarsi «prima del precipizio, finché sono ancora in tempo». E l'annuncio di imminenti manovre navali congiunte della Marina militare cinese con quelle della Russia e dell'Iran al largo delle coste della Repubblica Islamica. I due messaggi inviati ieri al mondo da Pechino non sono casuali né per il contenuto né, tantomeno, per la scelta dei tempi. Essi testimoniano soprattutto, in tempi nei quali gli eventi delle sempre più tese relazioni internazionali accelerano bruscamente, della intima connessione tra ciò che viene detto e fatto alla Casa Bianca e le conseguenze che ne traggono i cinesi e i loro alleati dell'Asse mondiale delle autocrazie.

Da quando tre anni fa Vladimir Putin ha ordinato l'invasione dell'Ucraina si va ripetendo che Xi Jinping, che non nasconde la sua intenzione di aggredire e annettere a forza la piccola Cina nazionalista di Taipei, se ne sta alla finestra in attesa di segnali utili da Washington: finché l'Ucraina viene difesa in nome di principî democratici e del rispetto del diritto internazionale, è logico attendersi dagli Stati Uniti un comportamento simile a tutela della libertà di Taiwan, ma se Kiev viene abbandonata o peggio, di fatto consegnata all'aggressore russo con cui addirittura si simpatizza nei palazzi di Pechino è lecito concludere che stia suonando l'ora giusta per imitare il Cremlino e passare dalle minacce ai fatti. Del resto, pur in un contesto in cui alla Casa Bianca fanno capire di prepararsi al confronto epocale con il Dragone, anche ai taiwanesi l'Amministrazione Trump ha già rivolto il loro «pagateci profumatamente oppure non vi difenderemo, perché per noi non costituite una priorità strategica»: e a Pechino hanno preso debita nota.

Quanto alle manovre navali nel Mare Arabico: queste sembrano costituire una chiara risposta comune non solo alle minacce crescenti che Trump va rivolgendo all'Iran, ma più ancora a chi vuole illudersi alla Casa Bianca e non solo che regalare la testa di Zelensky allo zar di Mosca servirà ad allontanare la Russia dalla Cina e dallo stesso Iran. L'Asse non si tocca, questo è il messaggio. Che peraltro era già stato inviato con chiarezza dalla visita resa la scorsa settimana a Pechino dal segretario del Consiglio di Sicurezza russo Serghei Shoigu.

In quell'occasione si ribadì per l'ennesima volta che obiettivo comune delle tre potenze autocratiche e dei loro alleati minori rimane lo scardinamento dell'attuale ordine mondiale egemonizzato dagli Stati Uniti. E questo anche se Donald Trump cerca confusamente di rimescolare le carte.

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