Inizia con un licenziamento la nuova settimana del governo laburista britannico. Dopo le feroci polemiche che per settimane avevano accompagnato il nuovo capo dello staff di Downing Street, Sue Gray, domenica pomeriggio sono state annunciate le sue dimissioni. Che Gray non avesse ormai altra scelta, avendo contro praticamente molti dei colleghi con i quali avrebbe dovuto lavorare, era risaputo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata sicuramente la rivelazione della Bbc sull'ammontare annuale del suo salario, più alto persino di quello dello stesso premier. Il fatto che Gray avesse scelto di disertare il congresso annuale del partito, recandosi assieme a Starmer all'assemblea generale delle Nazioni Unite, non ha fatto che esacerbare gli animi da una parte e preparare il terreno per il suo abbandono dall'altra.
Ieri, all'incontro delle lobby parlamentari, il portavoce di Downing Street ha evitato di rispondere ai giornalisti che gli chiedevano se la signora Gray era stata licenziata o si era dimessa. «Credo che dalla nota stampa del primo ministro - si è limitato a spiegare - voi vediate che lui è impegnato a portare a termine il cambiamento per il quale è stato eletto e a prendere le decisioni che garantiscano al governo di dotarsi delle strutture adatte a completare al meglio tale cambiamento». A seguire i ringraziamenti di rito, ma nessuna spiegazione invece sul nuovo ruolo di inviata per le nazioni e le regioni, se si tratterà di un impegno part-time, quanto verrà pagata e se riceverà un titolo nobiliare per quella che è, a tutti gli effetti, una brutale recessione. Fino alla settimana scorsa Sue Gray era una delle persone più potenti del governo, da ieri è stata relegata a un ruolo nell'ambito del quale avrà che fare con le autorità locali e le deleghe di Londra ai governi scozzese, gallese e del Nord Irlanda.
Il suo posto invece lo prende quel Morgan McSweeney, organizzatore della campagna elettorale di Starmer, considerato da molti l'architetto dell'ondata di fango che ha travolto la collega e costretto Starmer a un rimpasto nel settore dei suoi consulenti più stretti del quale probabilmente avrebbe fatto volentieri a meno. Sembra una questione di mera lana caprina, ma di questi tempi la comunicazione è tutto e anche questo governo non può più permettersi di fare altri passi falsi, soprattutto adesso che la luna di miele con gli elettori è finita e rischia di diventare solo uno sbiadito ricordo alla vigilia del budget di fine ottobre.
Innumerevoli le reazioni e i commenti dei media sulla fine ingloriosa di Gray e su chi effettivamente l'abbia voluta. Mentre Starmer nega di avere dei problemi a lavorare con le donne, il commentatore politico del Financial Times Stephen Bush nota come la sostituzione del capo dello staff apra un dibattito su chi veramente comandi a Downing Street e sul fatto che questa incertezza aveva finora esposto l'esecutivo a numerosissime critiche su «casi» come quello degli omaggi ricevuti da Starmer, che avrebbero potuto venir archiviati in un batter d'occhio.
«Il fatto è che il premier aveva scelto di trasformare il suo staff in un duopolio con un coordinatore politico come McSweeney da una parte e uno amministrativo come Gray dall'altra - spiega Bush - la soluzione funzionava bene all'opposizione, ma non al governo. Adesso che all'errore iniziale è stata messa una pezza, rimane da vedere se McSweeney saprà fare anche il lavoro che era di Gray». Il che non è affatto scontato.
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