Trump: con la Russia è l'ora della tregua ma "al fianco" di Kiev. Il plauso di Chigi: "È la linea di Meloni". L'elogio di Donald

Il tycoon: "Giorgia persona fantastica". I due si rivedranno all'Inauguration day a Washington dove ci sarà anche Xi. L'auspicio di un cessate il fuoco nel 2025

Trump: con la Russia è l'ora della tregua ma "al fianco" di Kiev. Il plauso di Chigi: "È la linea di Meloni". L'elogio di Donald
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La guerra in Ucraina doveva essere uno dei dossier più delicati da affrontare con la nuova amministrazione americana, perché - al netto del rapporto personale tra Donald Trump e Giorgia Meloni, un legame che in questi anni si è andato cementando anche grazie a Elon Musk - sul conflitto tra Mosca e Kiev il tycoon si è più volte espresso lasciando immaginare una sorta di disimpegno americano. Invece, in un'intervista a Time dello scorso 25 novembre - pubblicata ieri in occasione della nomina a Person of the year da parte della rivista newyorkese - Trump ha avuto un approccio meno distaccato del previsto. Ha sì detto di essere «decisamente contrario» all'impegno dei missili Atacms (forniti dagli Stati Uniti all'Ucraina) per colpire obiettivi in territorio russo. Ma ha anche aggiunto che l'unico modo «per arrivare a un accordo» è quello di «non abbandonare Kiev».

Parole che a Palazzo Chigi - dove hanno sempre sostenuto con forza le ragioni dell'Ucraina contro l'invasione decisa unilateralmente da Vladimir Putin - hanno letto con attenzione e una certa soddisfazione. La posizione di Trump, infatti, viene considerata «assolutamente in sintonia» con quanto va dicendo da tempo Meloni. E cioè che l'unico modo per arrivare alla pace è sostenere Kiev finché Putin non deciderà di sedersi al tavolo delle trattative.

Insomma, al di là di una dialettica molto diversa - Joe Biden ha sostenuto pubblicamente e con forza le ragioni ucraine, ma non è arrivato a fornirgli le armi necessarie per una controffensiva efficace - la percezione del governo italiano è che Trump si muova sostanzialmente nella stessa direzione. Certo, i toni sono diversi, ma il dato fattuale è che resta il sostegno a Kiev finché la Russia non deciderà di sedersi al tavolo delle trattative. E in questo senso non sono passate inosservate le parole pronunciate dal futuro presidente americano dopo l'incontro di qualche giorno fa a Parigi con Emmanuel Macron e Volodymyr Zelensky. «Putin ha perso, quando perdi 700mila persone è giunto il momento...», ha infatti detto Trump auspicando un segnale di dialogo del Cremlino. Non è un caso che ieri Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, abbia polemizzato con il futuro inquilino della Casa Bianca definendo uno «slogan elettorale» il suo auspicio di una rapida conclusione del conflitto.

A Palazzo Chigi, dunque, guardano con fiducia al nuovo corso che si aprirà a breve alla Casa Bianca. E c'è chi fa notare che all'indomani della vittoria di Trump dello scorso 5 novembre, era stato Giovanbattista Fazzolari a dire che a suo avviso sul fronte Ucraina non sarebbe cambiato molto con l'avvicendamento tra Biden e il tycoon. «Credo che il sostegno a Kiev rimarrà quello di oggi», aveva detto a favore di telecamere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Ora l'auspicio è che si arrivi a un cessate il fuoco nel corso del 2025, anche perché ai piani alti del governo italiano sono convinti che la Russia sia vicina al collasso e che abbia quindi interesse ad arrivare a un negoziato. In questo scenario, peraltro, assumerebbe tutto un altro peso la Conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina in programma a Roma il prossimo 10 e 11 luglio, che potrebbe andare oltre il suo valore politico di sostegno occidentale alle ragioni di Kiev.

Ma ieri Trump ha anche voluto ribadire la sintonia con la premier italiana. E, intercettato da Cnbc durante una visita al New York Stock Exchange, l'ha definita «una leader e una persona fantastica» per poi aggiungere «I love Italy». Meloni ha ricambiato a stretto giro con un post su Facebook: «Grazie a Donald Trump per le belle parole». Il tutto, in attesa che i due si rivedano a Washington il 20 gennaio, in occasione dell'inauguration day a Capitol Hill.

Il futuro inquilino della Casa Bianca vuole infatti rivoluzionare la cerimonia di insediamento a cui, per la prima volta dal 1874, parteciperanno anche capi di Stato e di governo stranieri. Tra cui il cinese Xi Jinping e quasi certamente anche Meloni.

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