"Papà guidava i tir del motomondiale. Così io alla Dakar divento camionista"

Danilo Petrucci è l'unico ad aver vinto sia in MotoGp che alla Dakar, il terribile rally al via domani in Arabia

"Papà guidava i tir del motomondiale. Così io alla Dakar divento camionista"
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Danilo Petrucci è stato l'ultimo italiano a vincere una tappa della Dakar, ex grande corsa da Parigi alla capitale del Senegal, di cui ha mantenuto il nome spostandosi in Arabia Saudita.

Correva l'anno 2022 e Petrucci era alla sua prima partecipazione, una insolita sfida per lui, abituato all'asfalto della MotoGP. Da domani lo rivedremo al via, questa volta in camion.

«Con i camion ho sempre avuto confidenza perché mio papà faceva il camionista al Mondiale GP ed in fondo è grazie a questo che sono arrivato a correre in moto, così quando me lo hanno proposto mi sono detto: Tutto torna, ci provo, perché la Dakar insegna tanto a livello personale e anche a livello di guida e navigazione».

Com'è la Dakar di oggi?

«Molto diversa da quella originale, che attraversava l'Africa per 10.000 chilometri. Oggi la tappa è divisa in tre parti, due trasferimenti di 100, anche 200 km su autostrada, e in mezzo la prova speciale che può misurare dai 200 ai 500 km così che ogni giornata è piuttosto lunga e ci trovi un po' di tutto: piste, sassi, rocce, sabbia, dune alte, dune basse. La navigazione è ancora quella che conta, perché se sbagli strada e perdi dieci minuti non li recuperi più».

Si comincia con una tappa infinita di 48 ore.

«900 km di dune di sabbia da superare in 48 ore. Ci sarà subito una bella scrematura...».

Conti di aggiungere al tuo palmares anche una vittoria alla Dakar in camion?

«Non avrei mai pensato di vincerla in moto, non credo lo farò in camion, ma chissà, hai visto mai In fondo quando vinsi nel 2022, una cinquantina di chilometri dopo la partenza caddi per evitare un branco di cammelli sfasciando la moto, così rialzandomi pensai che mi sarei accontentato di arrivare al traguardo. Poi strada facendo ne sono successe di tutti i colori e mi sono ritrovato a vincere una tappa. È stata una cosa del tutto inaspettata».

Sembrava la premessa per un futuro nei rally. E invece Petrucci è tornato in pista.

«Uscito dal giro della MotoGP, sono andato alla Dakar per morire lontano dal branco, come gli elefanti. Invece là ho ritrovato la voglia di correre. Mi sono chiesto cosa volevo fare nella vita e non ho avuto dubbi: guidare la moto è quello che so fare e mi piace fare. La sola possibilità per correre era andare in America e sono partito. Una bella esperienza. Una giorno curiosando tra le statistiche del web ho visto che tra quanti hanno vinto in MotoGP e Superbike ci sono Biaggi, Bayliss, Melandri, Kocinski, tutti pezzi grossi, così ho pensato Mi piacerebbe far parte di questa lista. Sono tornato in Europa e con il Team Barni Ducati ci siamo messi a lavorare per essere i più veloci possibile».

Nel 2024 la vittoria è arrivata e anche il titolo tra i piloti indipendenti, ovvero non ufficiali.

«Ho vinto due volte a Cremona e fatto diversi podi. È andata piuttosto bene. Se penso all'incidente in allenamento che ho avuto in aprile».

Danilo si stava allenando con la moto da cross, quando... questa anziché frenare ha accelerato prima di un salto.

«È stato come volare giù dal quarto piano. Ho guardato di sotto e vedendo dove stavo andando a finire ho pensato: Mi sa che stavolta... poi ho spento i contatti. Li ho riaccesi dopo un quarto d'ora e dal momento che ho riaperto gli occhi, realizzato dov'ero, cosa era successo, visto le gambe che si muovevano... mi sono sentito la persona più felice su questa terra. Ho provato un senso di gratitudine verso la vita e ho sviluppato una grande forza che mi è rimasta nel tempo. Quando sono tornato a correre... ho capito che è la testa a fare la differenza, non l'allenamento. Sentirmi una persona fortunata mi ha dato una carica incredibile e adesso che il peggio è passato mi piace guardare a quel che è successo come ad una opportunità, una occasione per crescere».

Con la moto da cross hai chiuso?

«Me l'hanno venduta mentre ero in ospedale! Mi è rimasta quella da enduro perché essendo targata serviva la mia firma per poterla vendere, altrimenti non avrei più nemmeno quella».

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