Amaro lucano per il Pd. Corruzione e falso, turbativa d’asta e appalti truccati, truffa e tangenti: dalla lontana Basilicata esce un Partito democratico sopraffatto dalle inchieste giudiziarie. Tra deputati lucani del Pd e consiglieri regionali, sindaci e assessori, gli uffici dei pm sono pieni di verbali che riferiscono delle presunte malefatte nel feudo in cui il partito di Bersani la fa da padrone da quando la Seconda Repubblica ha spazzato via il potere democristiano.
Il primo nome della lunga lista d’indagati o imputati targati Pd in Basilicata è quello di Antonio Luongo, deputato dalemiano che nel maggio scorso è stato filmato dalla polizia di Potenza in un autogrill mentre si incontrava con l’ex 007 del Sisde, Nicola Cervone, che a detta degli inquirenti «trattava» il suo approdo nel Copasir allora guidato da Baffino. Luongo è attualmente sotto processo per corruzione nell’inchiesta «Iena 2» su mafia, affari e politica. A carico di Luongo c’è l’assegnazione, nel 2001, di un appalto all’Asl di Matera e l’assunzione da parte della ditta aggiudicatrice di quattro persone, più un contributo elettorale di 15 milioni di lire. Per la stessa inchiesta è sotto processo anche uno dei suoi più stretti collaboratori di allora, Giovanni Petruzzi, oggi sindaco di Anzi (Potenza) eletto col Pd.
Nei guai per turbativa d’asta anche il governatore lucano, Vito De Filippo, e il presidente del Consiglio regionale, Vincenzo Folino. I due, pezzi da novanta del partito lucano, secondo i pm avrebbero pilotato la gara d’appalto da 25 milioni di euro sui servizi di pulizie, facchinaggio e pasti all’ospedale San Carlo di Potenza. A leggere le carte giudiziarie gli indagati «turbavano con metodi fraudolenti il regolare svolgimento della gara pubblica di appalto» poi vinta dal gruppo «La Cascina», i cui vertici, come è riportato nell’avviso di comparizione, «effettuavano pressioni sul presidente della regione Basilicata De Filippo Vito e l’assessore regionale Folino così determinando l’intervento di questi ultimi presso Spera Giuseppe», presidente della commissione che avrebbe assegnato l’appalto.
Disavventura giudiziaria anche per il senatore Pd ed ex sottosegretario del governo Prodi, Filippo Bubbico, indagato per abuso d’ufficio per aver affidato all’esterno, per 23mila euro, una consulenza sulla riorganizzazione del Consiglio regionale che, secondo la procura, le risorse interne avrebbero potuto portare a termine senza alcun problema «in considerazione – si legge a verbale - del titolo di studio posseduto e della figura professionale rivestita».
Sotto indagine per la gestione operativa dell’Arpab (Agenzia regionale ambiente) ecco Erminio Restaino, assessore regionale del Pd fino al 31 gennaio scorso. L’indagine della procura di Potenza si concentra sull’inquinamento prodotto dall’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti «Fenice» di Melfi e sulla mancata comunicazione dei dati ambientali da parte della stessa Agenzia. Coinvolti anche l’ex coordinatore provinciale dell’Arpab, Bruno Bove, e l’ex direttore generale, Vincenzo Sigillito, che al telefono con un amico parla di Restaino con toni accesi: «Se fa lo stronzo, con me chiude per tutta la vita. Non si fa così».
Dall’inchiesta sull’Arpab si diramano più filoni, uno dei quali coinvolge il sindaco di Potenza e presidente dell’Anci lucana, Vito Santarsiero. Sotto processo anche un fedelissimo di De Filippo, Pasquale Robortella, consigliere regionale Pd accusato di truffa sui fondi europei. Più di 170mila euro di contributi per la coltivazione di ulivi che non avrebbero mai visto la luce. C’è poi l’inchiesta «Do ut des» sulla presunta corruzione alla Agenzia delle Entrate, che fra i suoi venti indagati ha visto il presidente della provincia di Matera, Franco Stella, sempre Pd, accusato di abuso d’ufficio (poi archiviato).
(ha collaborato Luca Rocca)
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