Parigi - Un bel gruzzolo di 373,5 milioni di euro. Questo il risultato della vendita della collezione d’arte dello scomparso stilista francese Yves Saint-Laurent, da lui messa insieme nel corso di circa mezzo secolo insieme all’amico del cuore Pierre Bergé. È stato proprio quest’ultimo a prendere la decisione di mettere all’asta nel corso di tre giorni, da lunedì a mercoledì, la straordinaria collezione di dipinti, sculture e oggetti vari. Benché Pierre Bergé sia lui stesso titolare di una società attiva nel settore delle vendite all’asta, l’operazione è stata affidata al gruppo britannico Christie’s. La vendita si è svolta in un quadro che più prestigioso non si può: il Grand Palais di Parigi, in mezzo ai Campi Elisi.
Il successo commerciale è stato all’altezza della fama della collezione di Yves Saint-Laurent, come dimostra il livello eccezionale degli incassi. Dedotte le spese per l’organizzazione di questa iniziativa, Pierre Bergé intende utilizzare il ricavato della vendita allo scopo di finanziare la ricerca scientifica nel campo della lotta all’Aids. I due amici Bergé e Saint-Laurent sono sempre stati sensibili e generosi su questo terreno. Adesso la dispersione della collezione di reperti artistici è stata presentata da Bergé come un sacrificio necessario a ottenere un risultato fondamentale: la ricerca anti-Aids.
Gli oggetti più chiacchierati della vendita al Grand Palais di Parigi sono state due antiche teste in bronzo di origine cinese, rivendicate a gran voce dalle autorità di Pechino. In effetti quei reperti storici e artistici erano stati trafugati dalla Cina nel corso del XIX secolo, il periodo delle guerre coloniali e dell’occupazione di parte del territorio cinese da parte delle potenze occidentali. Adesso il governo della Repubblica popolare voleva assolutamente rientrare in possesso di quei prestigiosi oggetti d’arte, ma un ricorso urgente alla magistratura francese si è risolto in un nulla di fatto: la vendita di Christie's è stata autorizzata dal giudice. I due bronzi antichi, esportati clandestinamente dalla Cina nel 1860, sono stati venduti al prezzo di 28 milioni di euro ad acquirenti rimasti anonimi. Bergé era parso ironizzare sull’argomento dicendo che avrebbe dato quelle sculture alla Cina in cambio dell’indipendenza del Tibet. Questo ha moltiplicato il nervosismo delle autorità di Pechino, già irritate verso la Francia a causa dell’incontro, avvenuto lo scorso dicembre in Polonia, tra il presidente Nicolas Sarkozy e il Dalai Lama.
Resta il fatto che una collezione privata di eccezionale valore, che avrebbe potuto essere oggetto di un museo sul territorio francese, è stata ormai completamente dispersa. Le polemiche sull’opportunità di tale scelta si aggiungono a quelle in arrivo da Pechino, col risultato che a Parigi c’è un certo disorientamento di fronte alla scommessa giocata da Pierre Bergé, pur nel nome di una causa nobile come il finanziamento della ricerca scientifica in campo sanitario.
La stampa francese rileva con soddisfazione il fatto che la vendita di quadri del periodo dell’impressionismo e di moltissimi altri oggetti d’arte avrà probabilmente un effetto favorevole su un settore in crisi. Pierre Bergé ha insomma suonato le trombe della riscossa del mercato dell’arte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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