Manifesti, volantini e banchetti per la raccolta di firme. Cè tutto quanto occorre per una petizione, ma in realtà si tratta di unopera darte. Lultimo lavoro di Pino Boresta - artista che per primo, oltre dieci anni fa, portò a Roma la sticker-art con le sue «Smorfie», opere adesive che lo ritraevano in più espressioni differenti - è una vera e propria raccolta di firme in favore della sua partecipazione alla Biennale di Venezia. «Firma Boresta», questo il titolo, è un ironico work in progress, iniziato in questi giorni, che si concluderà nel 2009 in tempo per la Biennale. Presentato in sole tre occasioni, con tanto di banchetti, ha già raccolto circa 400 firme. Con la tecnica pop-metropolitana per cui è noto, Boresta si propone ancora una volta nella duplice veste di artista e opera, «mettendoci - come ama dire - la faccia». Ma questa volta non sarà solo. Al grido di «Basta con i raccomandati», il volantino con cui viene pubblicizzata liniziativa recita: «Con una firma e, se vuoi, con una foto entrerai a far parte di unopera darte». Accanto al viso dellartista, infatti, compariranno quelli di persone comuni. «Lopera finale - spiega Boresta - sarà costituita dallintera documentazione del progetto. Dalle firme raccolte alle foto scattate, senza dimenticare i video girati nei diversi momenti della realizzazione e tutto quanto possa testimoniare il percorso fatto. Non ultimo la consegna formale delle firme al direttore della prossima Biennale». Daltronde, la ricerca di nuove forme di interazione con gli spettatori è la cifra stilisticadi Boresta, che ha sempre cercato di coinvolgere il pubblico. Per farlo, lartista tenta di scardinare le tradizionali e più diffuse tecniche di comunicazione, proponendo gli individui che dovrebbero esserne fruitori in qualità di prodotti, «non per disordinare qualcosa che è già tropo disordinato - assicura - ma per chiarire un po le idee».
Attraverso la testimonianza - firmata e fotografica - del consenso della gente, lopera illustrerà l«immeritocrazia» dilagante, documentando il disagio di chi non vede premiato il proprio talento.
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