La bellezza dei nuovi Cannibali

Ecco la "meglio gioventù" della nostra letteratura. Un'antologia di autori under 40: 18 racconti veloci e fulminanti che vogliono imbellettare il mondo. La curatrice: "I temi forti? Identità, paura e morte"

Tutti pazzi per i cosmetici. Non parliamo di articoli di profumeria. Anche se i racconti dei nuovi autori selezionati (fra oltre duemila testi) da Giulia Belloni e raccolti nell’antologia Giovani Cosmetici appena pubblicata da Sartorio (pagg. 170, euro 10) degli articoli hanno la lunghezza minima, l’immediatezza comunicativa e la freschezza fragrante di news. Del cosmetico riprendono l’antico legame con la bellezza: intrecciato ad arte con i trucchi della scrittura - che, nota la curatrice e talent scout «è sempre un atto di strategia» - e rinsaldato nell’orizzonte di un testo. Per quanto spiato di scorcio, dentro un orizzonte tanto stretto, l’universo (cosmos in greco, guarda un po’) si mostra più bello. E, «imbellettato» in un testo cosmetico - cioè «atto a conservare e/o esaltare la bellezza» come voleva la medicina antica, spiega Belloni - il cosmo appare talmente irresistibile da sedurre a prima vista critici, bloggers, opinion leader e comuni lettori. «La più bella raccolta dell’anno», sentenziava in una vignetta sul Foglio Vincino una settimana fa.

Fulminea - e fulminante - questa narrativa nuova, generazionale, giovane e cosmetica passerà via come una meteora? Accenderà nuove stelle? (Silvia Nirigua, che oltre al suo racconto «cosmetico» mozzafiato ha già firmato due romanzi, brilla su tutta la costellazione). O lascerà intravedere come un oroscopo previsioni sul destino della letteratura? A dieci anni e rotti dall’invenzione einaudiana della Gioventù Cannibale, lo chiediamo alla curatrice della nuova antologia, da anni impegnata in editoria sulla narrativa under 40.

Giulia Belloni, dopo i Cannibali e dopo gli Intemperanti - collana e antologia da lei diretta per Meridiano Zero - cosa c'è di nuovo nei Giovani Cosmetici?
«L’elemento di maggior novità che li distingue dai Cannibali e dagli Intemperanti, sta nella lunghezza dei racconti. Si è sempre parlato di una scrittura lunga o breve. Ma qui siamo di fronte a una scrittura davvero brevissima. La sua misura esprime al meglio la cultura e le relazioni giovanili. È una proposta che nasce dalle nuove forme di comunicazione: sms, trailer, spot, e-mail. Sono questi gli strumenti di comunicazione che le nuove generazioni hanno a disposizione. Mezzi veloci, che invitano alla semplicità, alla pulizia formale, alla brevità assoluta. E al gioco dello shock. Lo spazio brevissimo diventa una sfida: a infrangere l’indifferenza, a superare la linea di una distanza che allontana il lettore da chi scrive».

È un fenomeno generazionale: bella promessa o breve stagione provvisoria?
«Io, che da dieci anni ne faccio il focus del mio lavoro, credo che la scrittura generazionale esista. È un fenomeno di cui tener conto, una realtà letteraria rilevante. Potrà essere riconosciuta o disprezzata dai critici, ma gode comunque di una fortuna particolare, perché esprime i temi, i toni, le mode delle nuove generazioni. Riletti ora, di recente, a undici anni dalla prima pubblicazione, è vero, i Cannibali mi sembra abbiano fatto il loro tempo. Ma appunto perché sposano il proprio tempo, queste operazioni editoriali sono spesso fortunate. L’aspettativa di vita dei Cosmetici per ora è difficile da prevedere. Certo tutti gli autori dell’antologia hanno una chance. Si sa benissimo che per loro si apre una strada difficilissima, tutta in salita. Ma l’avvio è incoraggiante. Ci vedo più promesse che provvisorietà».

Il racconto di Carmen Totaro, La cena degli amanti è a tratti pulp, un po’ cannibale...
«Mah, devo dire che il noir è del tutto bandito dall’antologia dei Cosmetici. Non c’è nemmeno un caso di scrittura di genere. È tutta narrativa pura. È vero, il racconto di Totaro è il più cannibale di tutti. Ma ciò che mi ha convinto a sceglierlo è la descrizione realistica del rapporto sado-maso tra i due amanti protagonisti. Il climax di pericolosità cresce fino alla domanda finale - Fino a che punto posso essere amato? - che è un po’ la domanda delle domande, ha scritto molto bene un critico».

Silvia Nirigua, con il suo racconto Due minuti, tra i più sorprendenti dell’antologia, toglie il respiro.
«Il titolo è una strizzata d’occhio al tempo di lettura del testo. Ad alta voce si arriva fino in fondo in due minuti o poco più. Il suo racconto è in effetti molto cupo. Ti prende e ti stringe alla gola. E c’è questa voce di bambino che racconta, formalmente studiata alla perfezione e così convincente. Nirigua ha, credo, una voce già formata. Ne sono convinta da anni, da quando ho pubblicato il suo esordio Un quarto di me da Merdiano Zero. Lei è già una scrittrice».

Infanzia, adolescenza, depressione, ribellione: sono forse i temi che più ti aspetti dalla scrittura giovanile: Marina Sangiorgi, Michele Ruol, Cristiano Governa li hanno trattati qui con un piglio molto adulto.
«Proprio sui temi ho voluto costruire l’architettura dell’antologia. All’inizio, al centro e alla fine ho messo come colonne portanti i racconti con i temi cardinali: identità (Governa), paura (Coscioni) e morte (Andriani). All’interno ho introdotto i temi più nuovi: i cani killer, l’espianto e il trapianto degli organi, la prostituzione e l’immigrazione, il bullismo. Difficilissimo leggere racconti che ne trattino. Riguardo ai temi eminentemente giovanili è vero: la felicità è bandita, hanno scritto. Ma “disincanto” è la parola giusta per definire lo sguardo del giovane cosmetico. Che ha perso appunto il suo incanto. In questo senso il racconto di Marina Sangiorgi è esemplificativo ed esemplare. Come anche quello di Nicola Manuppelli, che in Olimpionica osserva e descrive la magia di un corpo e sente di non esserne parte. Quella bellezza non gli appartiene: può solo descriverla».

Immigrazione, prostituzione, periferia, alienazione: c’è un’intenzione di denuncia?
«Sì, ma molto trasversale. Per esempio nel racconto di Peppe Fiore sulla periferia Attorno a un centro vuoto, che ha un tono ironico, sorridente. O nel racconto amaro e crudo Carrozza per fumatori sulla prostituzione di Lara Balleri. Il bullismo dei Bambini di De Simone denuncia apertamente che il re è nudo: ecco chi sono, a volte, i bambini. E la figura del padre di Sara, nella lettera alla giovane figlia che dà forma al racconto di Cristiano Governa, Come Mork e Mindy, è un personaggio del tutto nuovo. Niente a che vedere con il padre invulnerabile in voga trent’anni fa, o con l’uomo nevrotico di quindici anni. È invece un genitore uscito dal conflitto generazionale, un padre né potente né debole, che si rivolge alla figlia mettendosi con lei a un livello paritario. E, raccontandosi, le parla anche di Dio, perché ha ancora l'urgenza prepotente di chiamare in causa questa istanza. Ma le dice anche che in fondo “Lui è il meno preoccupato in tutta questa faccenda”.

Il distacco non è solo quello dei giovani cosmetici. Non sono gli unici a essere soli nel mondo, a non sentirsi parte della bellezza che descrivono. Anche Dio ha perso il suo incanto, anche lui, pur essendoci, non partecipa, non si preoccupa più».

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