Pier Francesco Borgia - Gian Marco Chiocci
Roma - Ecco l’Affittopoli della Camera dei deputati. Gli sprechi, i canoni irrisori, gli affidamenti senza gara, i contratti top secret , le clausole capestro. I dati «fantasma» su Montecitorio rivelati dal Giornale grazie anche alle difficili investigazioni dei radicali e del parlamentare Pdl Amedeo Laboccetta. Cominciamo dai canoni stellari, dunque. I gioielli più costosi del mercato immobiliare, è notorio, si trovano al centro della capitale. Ma quelli che valgono oro sono rintracciabili a metà strada tra piazza Colonna (dove si affaccia Palazzo Chigi) e piazza di Spagna. Un esempio che rende l’idea?Palazzo Marini. È un grande stabile sulla centralissima via del Tritone. Buona parte dei suoi uffici – canone 2010 - sono stati affittati alla Camera per oltre 13 milioni di euro (per l’esattezza 13.269.346 euro). Lo spazio è ampio. Serve ad alloggiare gli uffici di 235 deputati, oltre a tre appartamenti di rappresentanza. I locali appartengono alla società immobiliare Milano 90 di Sergio Scarpellini. Un partner affidabile per Montecitorio, visto che l’istituzione ha affittato dalla sua società non un solo stabile di queste dimensioni e con queste finalità istituzionali, bensì quattro. E nessuno con gara o avviso pubblico. Per un totale di 12mila metri quadrati. Locali ovviamente chiavi in mano, cioè ristrutturati e arredati secondo il bisogno del locatario e forniti anche del personale di vigilanza, del servizio mensa e di assistenza ai piani. La Camera solo quest’anno spenderà più di 46 milioni di euro (stando ai dati del Bilancio di previsione 2010) per far alloggiare i suoi deputati in questi uffici. Forse spendere più di 3.850 euro l’anno al metro quadro (320 euro al mese) è una cifra piuttosto consistente. A nutrire questo sospetto sono stati alcuni parlamentari (Rita Bernardini dei radicali e Amedeo Labocetta del Pdl) che hanno chiesto lumi all’Ufficio di presidenza. Non si sono limitati a questo; hanno osato chiedere addirittura la rescissione di questi contratti considerati troppo onerosi scontrandosi con i vertici burocratici e politici della Camera, che solo alla fine si sono dovuti arrendere, dando pubblicità ad atti finora mai resi pubblici. La cosa però è più complicata di quanto possa apparire anche a chi conosce bene i punti meno «battuti» del Codice civile (dove peraltro è scritto che i contratti di affitto per locali ad uso professionale possono sempre essere disdetti da parte del locatario). La Camera ha stipulato il primo dei quattro contratti nel ’97. Il cosiddetto «Marini 1» impegna le parti per un periodo di «9 più 9» anni. Il 21 settembre scorso, però, l’aula di Montecitorio, durante la lettura, la discussione e l’approvazione del Bilancio di previsione del 2010, è riuscita a far passare la rescissione del contratto. Dal 2012 gli oltre 200 deputati che hanno l’ufficio in via del Tritone dovranno cercarsi una nuova sistemazione. Questo è stato possibile perché il «Marini 1» è l’unico dei quattro contratti che non prevede una clausola che vincola il locatario al rinnovo automatico. Un vincolo davvero insolito. Che non è presente nemmeno nel contratto del cosiddetto «Marini 2» (immobile di via Poli 14/20). Infatti è in una lettera redatta e spedita sei mesi dopo la firma del contratto che viene scritta nero su bianco la rinuncia alla disdetta anticipata della locazione. Il contratto è stato redatto nel luglio del ’98. E il 17 dicembre il Servizio amministrazione della Camera dei deputati spedisce alla Milano 90 una lettera in cui si scrive tra l’altro: «La presente Amministrazione rinuncia formalmente alla facoltà di recesso anticipato, contrattualmente riconosciutale a far data dall’inizio del decimo anno di rapporto ». Non è casuale la specifica del «decimo anno » visto che nei contratti c’è scritto che la disdetta non è possibile fino al decimo anno (il primo del rinnovo automatico). La Camera dei deputati, quindi, rinuncerà agli uffici di via del Tritone ma non si libererà dei contratti che la legano alla Milano 90 per gli immobili denominati «Marini 2», «Marini 3» e «Marini 4». Contratti stipulati tra il ’98 e il 2000 e che quindi vedranno la loro validità esaurirsi non prima del 2016. Secondo un calcolo approssimativo (in virtù del fatto che ogni anno gli importi dei canoni variano perché soggetti all’indicizzazione Istat), alla fine la Camera dei deputati avrà versato nelle casse della «Milano 90» oltre 540 milioni di euro nel corso di 23 anni. «Secondo questo calcolo- spiega l’onorevole Laboccetta, che insieme con la Bernardini (Pr) ha sollevato il problema dei costi di questi immobili - con la stessa cifra e per la stessa metratura è come se la Camera avesse acquistato immobili per un prezzo che oscilla tra 41.600 ai 50mila euro al metro quadrato». Non proprio a prezzi di mercato ( che nella zona del Tritone come in tutto il centro storico si aggirano al massimo sui 10mila euro al metro quadro). Insomma il locatario (in questo caso la Camera dei deputati) non ha badato a spese e non ha nemmeno sottilizzato su un fattore tutt’altro che secondario. Al momento di prendere in affitto i locali del cosiddetto «Marini 1» (il già citato palazzo su via del Tritone) il proprietario non sarebbe stato in condizioni di concedere il affitto i locali per uso ufficio. La destinazione d’uso era un’altra. Insomma la Camera affitta a prezzi piuttosto fuori mercato e non trova nulla da ridire sul fatto che quegli stessi locali non potrebbero nemmeno essere affittati come uffici. Al problema si rimedia in sede di contratto. L’articolo 14 al punto 1 spiega che «la conduttrice Camera dei Deputati dichiara di essere edotta dell’attuale destinazione d’uso delle porzioni immobiliari oggetto della locazione». Al punto 2 dello stesso articolo si va ben oltre. «La Camera dei deputati - è scritto - attiverà, entro e non oltre giorni 15 dalla data della sottoscrizione apposta in calce, ogni necessaria procedura di legge per conseguire il cambio di destinazione d’uso delle porzioni immobiliari oggetto della locazione». Solitamente dovrebbe essere il proprietario a impegnarsi alla modifica della destinazione d’uso e non l’affittuario.
Secondo quanto ricostruito dal Giornale , il Municipio I non ha subito concesso il cambio di destinazione d’uso.Questo è stato poi assicurato direttamente dagli ufficio del Campidoglio (il sindaco di allora era Francesco Rutelli).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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