L'«aspetto fisico» di Ruby e il suo «modo di comportarsi» «non tradivano minimamente la sua età effettiva»: e quindi sostenere che Silvio Berlusconi, quando la ricevette ad Arcore, sapesse di avere davanti a sè una minorenne è poco più che una supposizione, priva di qualunque fondamento giuridico. Lo scrivono i magistrati della Cassazione nelle motivazioni depositate oggi della sentenza con cui, respingendo il ricorso della Procura di Milano, hanno reso definitiva l'assoluzione con formula piena di Berlusconi dall'accusa di utilizzo della prostituzione minorile, messa dalla Procura alla base del gigantesco «caso Ruby». Berlusconi era stato condannato in primo grado a sette anni di carcere, con una sentenza ribaltata in appello dalla assoluzione «per non avere commesso il fatto». E la Cassazione il 10 marzo scorso confermò l'assoluzione.
La conoscenza da parte di Berlusconi della età effettiva di Kharima el Mahroug non è un dettaglio, ma l'architrave su cui era stata poggiata l'intera inchiesta. Se Berlusconi credeva che Ruby fosse maggiorenne, per legge il reato non esiste. Qualunque cosa accadesse nelle feste di Arcore - e anche la Cassazione ritiene che vi avvenissero «serate spregiudicate» - rientra nella sfera della vita privata di adulti consenzienti.
La sentenza della Suprema Corte non risparmia giudizi severi al lavoro della magistratura milanese. Sia ai giudici di primo grado, che alla Procura generale che caparbiamente ha cercato di riportare Berlusconi sul banco degli imputati: ma «il ricorso è assolutamente generico e assertivo, limitandosi ad affermare che la frequentazione di donne minorenni da parte dell'imputato "era notizia di dominio pubblico"». In realtà, dicono le motivazioni, «al netto di un inevitabile tasso di generalizzazione, si è ben lontani dal livello di somma astrazione che connota il concetto di 'normale logica che presiede il corso delle vicende umane, correttamente ritenuto dalla Corte territoriale insuscettibile di fungere da elemento di conferma di un dato conoscitivo, che in realtà rimane tutto da provare». E l'argomento logico utilizzato dai giudici di primo grado, secondo cui Emilio Fede aveva sicuramente avvisato il Cavaliere della vera età della ragazza marocchina, viene smontato: «Accertato l'interesse personale e utilitaristico di Emilio Fede ad alimentare e preservare il sistema delle disinvolte serate di Arcore», «nulla accreditava l'ipotesi accusatori secondo cui Fede, in contrasto con i propri interessi, avrebbe rivelato a Berlusconi la minore età» di Kharima el Mahroug.
É la conferma integrale, insomma, della sentenza con cui la Corte d'appello milanese nel luglio 2014 assolse Berlusconi: una sentenza, va ricordato, costata al giudice che la scrisse, Concetta Lo Curto, feroci polemiche interne: persino il presidente della Corte che aveva assolto Berlusconi volle dissociarsi dalla sentenza con un gesto clamoroso, dimettendosi dalla magistratura. Ma la Cassazione invece fa propria per filo e per segno quella sentenza.
E per azzerare la condanna di Berlusconi, la Cassazione smonta anche l'altro capo d'accusa, quello per la concussione che l'allora capo del governo avrebbe commesso sul vicequesto Piero Ostuni per costringerlo a liberare Ruby quando venne fermata.
Fu Ostuni, semmai, a avere un atteggiamento <non consono> al suo ruolo, visto che da Berlusconi non gli era venuta alcuna minaccia: «l’imputato, come riferito dallo stesso Ostuni, si limitò a segnalare il caso e a indicare la persona» Nicole Minetti che, «portandosi in Questura, si sarebbe potuta fare carico della ragazza minorenne fermata».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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