Chi firmò contro Calabresi tiene ancora banco

Ho letto sul Corrierone delle scuse di Ripa di Meana alla vedova Calabresi per un appello contro l’allora commissario firmato da ben 800 (dico: ottocento!!!) intellettuali (sic). Mi piacerebbe tanto sapere chi sono gli altri. Anzi, li scriva lei i nomi di questi eroi della penna sempre pronti, oggi come allora, a ubbidire agli ordini del partito, succubi di una cultura che li ha sempre premiati con recensioni da «lecchini» al limite del ridicolo. Chi sono? Dove sono ora questi vigliacchi sempre pronti e proni al politically correct?


Bé, come ebbe a rilevare Renato Farina, una delle firmatarie, Letizia Gonzales, attualmente presidente dei giornalisti lombardi, dispensa sanzioni e censure. Giorgio Bocca seguita a menarcela con la mistica della Resistenza. Furio Colombo monta barricate antiberlusconiane in stile Chippendale. Umberto Eco impartisce lezioni. Toni Negri, idem. Margherita Hack seguita a veder le stelle. Vito Laterza rilascia interviste sulla cultura. Dacia Maraini sull’infibulazione. Fernanda Pivano racconta ancora di quella volta là che Hemingway... Paolo Portoghesi riceve in terrazzo. Carlo Rossella conduce la battaglia contro l’aglio. Eugenio Scalfari parla con Io. Insomma, caro Crippa, i sopravvissuti della falange macedone che affermò «Quando i brigatisti gridano “Lotta di classe, armiamo le masse”, lo gridiamo con loro», che denunciò Calabresi quale «commissario torturatore» e «responsabile della morte di Pinelli», sono ancora lì, in sella.
La cosiddetta società civile. Gli 800 firmatari del manifesto ne rappresentavano e seguitano a rappresentarne il fior fiore. Allorché Dario Fo (società civile) mise in scena Morte accidentale di un anarchico, laddove Calabresi era un «dottor Cavalcioni» che imponeva all’interrogato di porsi, appunto, a cavalcioni di una finestra, si spellarono le mani per gli applausi. Quando Camilla Cederna (società civile) diede alle stampe Pinelli: una finestra sulla strage il cui succo era che la polizia aveva assassinato l’anarchico, i peana si sprecarono e la «stampa democratica» fece a gara per magnificare l’ignobile pamphlet.

«Sbornia ideologica» la definì Montanelli, ciucca che a quanto pare la società civile, allergica alle crisi di coscienza, ancora non ha smaltito. E così, sempre alticcia, seguita a tenere banco e lezione. Facendo un po’ schifo, per la verità.

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