Consulta, l'ultimatum di Grasso irrita il Pd

Monito dei presidenti delle Camere ai partiti. I democrat: cercano solo visibilità

Consulta, l'ultimatum di Grasso irrita il Pd

Dopo l'ennesimo flop di mercoledì sera, il Parlamento si prende dieci giorni di tempo sulla Consulta: la prossima seduta comune delle Camere per l'elezione dei tre giudici costituzionali mancanti è stata fissata per il 14 dicembre. Poi si andrà a votazioni ad oltranza, col rischio di passare il Natale a Montecitorio.I presidenti di Camera e Senato intervengono con toni ultimativi: «Il tempo è scaduto», dice Boldrini. «Il Parlamento sta dando al Paese una brutta immagine delle istituzioni rappresentative e della politica», lamenta Grasso, secondo il quale «è necessario, anche grazie alla pausa imposta dalla legge di Stabilità, cambiare metodo e sfruttare al meglio questo tempo per trovare il consenso più ampio possibile su una terna di nomi».

Parole che vengono subito lette come un invito ad accantonare gli attuali candidati e provare altre alchimie, e che irritano non poco il Pd, che dai presidenti delle Camere si aspetterebbe se mai «un richiamo al senso di responsabilità di tutti i gruppi, compresi quelli che finora hanno solo boicottato l'elezione, perché dato il quorum altissimo è chiaro che l'elezione dei giudici non può essere di competenza del solo partito di maggioranza. Gli altri hanno esattamente la stessa responsabilità, grillini inclusi», dice un dirigente renziano. Invece, i presidenti delle Camere hanno optato per «cercare un po' di visibilità personale, anziché aiutare a risolvere il problema». Il Pd comunque mette in chiaro che non si smuoverà dal proprio nome, quello del costituzionalista Augusto Barbera: «Ha il profilo e il curriculum giusti per la Corte», dice il capogruppo Ettore Rosato.

Avvertimento rivolto anche alla minoranza Pd, che da giorni fa mancare voti a Barbera nel segreto dell'urna per far dispetto a Renzi, e poi in pubblico invita il proprio partito a trattare con i Cinque stelle: «Basta patti ad excludendum», tuona Roberto Speranza. Peccato, fanno notare dal Pd, che i grillini cambino posizione a ogni voto: prima hanno rifiutato l'accordo col Pd, che si era detto disposto a votare per il loro candidato Franco Modugno, dicendo che Barbera non andava bene in quanto «intercettato» (in un'indagine finita nel nulla ma data gentilmente in pasto alla stampa in tempo per le elezioni della Corte); poi hanno riaperto a Barbera quando il Pd ha fatto l'accordo con Forza Italia sul nome di Francesco Paolo Sisto; infine ieri con ennesimo spericolato salto mortale sono tornati a tuonare contro il candidato Pd: «Va tolto di mezzo perché nell'ultimo scrutinio i suoi voti sono diminuiti».

Peccato, fanno notare dal Pd, che i voti di Modugno siano diminuiti assai più di quelli per Barbera. Insomma, dicono nel Pd, le trattative con i grillini «sono come quelle coi venditori di tappeti del suq», e c'è poco da sperare da quella parte.

Ma anche gli altri partiti non stanno meglio: «Forza Italia è dilaniata, i centristi vanno ognuno per conto proprio e votano candidati diversi». Il pasticcio è di difficile soluzione, complicato dal voto segreto che rende incontrollabili le bande interne ai partiti. Ora ci sono dieci giorni di trattativa per provare a trovarla.

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