da Gerusalemme
Sette giudici della Corte suprema israeliana hanno denunciato ieri la politica governativa nei confronti della minoranza araba e hanno sostenuto che essa ha conseguenze discriminatorie. Una sentenza che è stata accolta con grande compiacimento dal gruppo arabo per i diritti civili «Adala». All'origine del dibattito vi era la definizione da parte del governo di ampie «zone di preferenza nazionale» al cui interno gli abitanti beneficiano di cospicui vantaggi. Fra questi la riduzione delle imposte, aiuti alla pubblica istruzione e la educazione. Altri vantaggi riguardano la creazione di posti lavoro. Di volta in volta il governo israeliano aggiorna le «zone di preferenza nazionale», a seconda delle nuove esigenze.
«Adala» ha calcolato che nelle «zone di preferenza» stabilite nel 2002 rientravano complessivamente 553 insediamenti: fra questi solo quattro erano abitati da arabi. Ad «Adala» ciò è apparso irragionevole: anche perché la popolazione araba in Israele è afflitta da gravi problemi sociali.
Questi argomenti hanno fatto breccia nella Corte suprema, il cui presidente Aharon Barak ha trovato fuori luogo che il governo non abbia sentito la necessità di pubblicare i criteri in base ai quali sono stati disegnati i confini delle «zone di preferenza»: in futuro, tali criteri dovranno essere enunciati in forma compiuta.
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