U n compromesso senza precedenti. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva definito l’accordo con l’Unhcr (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati) in base al quale 16.250 sudanesi ed eritrei, qualificati come «migranti economici» e «infiltrati illegali» dal governo di Gerusalemme, dovevano essere allontanati dal territorio israeliano e accolti da «Paesi sviluppati» occidentali disponibili. Netanyahu ne citava tre: uno è l’Italia, gli altri sono la Germania e il Canada. Ieri sera, però, mentre dal centrodestra già fioccavano proteste e richieste di chiarimenti, il ministero degli Esteri italiano ha smentito l’esistenza di un accordo di questo tipo che ci riguardi. Poco dopo, seguiva analoga smentita da Berlino. A quel punto Netanyahu si è trovato costretto prima a precisare che i tre Paesi occidentali citati «erano solo degli esempi», poi ad annunciare la sospensione dell’intesa con l’Onu. «Ho deciso di sospendere l’applicazione di questo accordo e di ripensarne i termini», ha dichiarato Netanyahu sulla sua pagina Facebook, dopo aver «letto attentamente le critiche contro questa intesa». L’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, si sarebbe impegnata a organizzare e finanziare i trasferimenti in Occidente in cambio dell’impegno israeliano a concedere a un numero equivalente di immigrati lo status di residenti temporanei in Israele, ma ieri sera la sua portavoce in Italia Carlotta Sami ha a sua volta precisato che «nell’intesa con Israele non è indicato alcun Paese» a cui inviare i migranti. «Questo dipenderà da accordi successivi che faremo con ogni singolo Paese che sia disposto ad accoglierli. Non c'è nessun accordo con l'Italia. Ci sono alcuni casi di persone con parenti in Italia e che, dopo un accordo con il governo italiano, potrebbero essere riunificati con le famiglie». Nel gennaio scorso il premier israeliano aveva annunciato che il problema rappresentato da circa 38mila immigrati irregolari africani, insediatisi in un’area della periferia di Tel Aviv denominata «Little Africa», sarebbe stato risolto rispedendoli nel continente di provenienza. A partire dal 4 febbraio Netanyahu, riconoscendo che il Sudan e l’Eritrea sono Paesi che non danno adeguate garanzie umanitarie ai propri cittadini emigrati, aveva fatto notificare agli immigrati un’alternativa secca: lasciare volontariamente Israele entro la fine di marzo oppure rischiare il carcere. Secondo fonti di organizzazioni umanitarie, il premier israeliano contava di trasferire gli immigrati in Paesi africani come l’Uganda e il Ruanda: una decisione che aveva suscitato proteste in ambienti politici e della cooperazione, oltre che dei sopravvissuti all’Olocausto secondo cui Israele avrebbe doveri particolari nei confronti dei migranti. C’era inoltre da registrare la sostanziale chiusura da parte dei due Paesi africani, che avevano rifiutato di far immigrare persone contro la loro volontà. Inoltre, il 15 marzo la Corte Suprema israeliana aveva sospeso il piano del governo, riservandosi di esaminarlo. A quel punto è sopravvenuta l’intesa con l’Unhcr. La notizia del presunto arrivo in Italia di altre migliaia di immigrati dall’Africa aveva suscitato immediate reazioni negative nel centrodestra. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, si era detto sbigottito, chiedendo che il Parlamento si opponesse subito. «Semmai - dichiarava - bisogna chiedere che altri prendano profughi approdati in Italia».
Per il vicepresidente leghista del Senato Roberto Calderoli «non se ne parla neppure di prenderci una quota dei 16mila immigrati clandestini africani che Israele sta per espellere dal suo territorio. Ma ci siamo dimenticati che l’Italia ha già 600mila clandestini da espellere?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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