Patria, sacrificio, unità e identità nazionale, libertà sono le pietre miliari scolpite nella nostra storia, che ancora oggi, 100 anni dopo, risuonano più che attuali nel ricordo del Milite ignoto. Pasquale Trabucco, una vita con le stellette, si batte da anni per ristabilire il 4 novembre festa nazionale in ricordo di tutti i caduti dalla prima guerra d’indipendenza ai giorni nostri. E la data più giusta per farlo sarebbe proprio adesso, cent’anni dopo la tumulazione sull’altare della Patria del Milite ignoto. Il 3 agosto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, scrive a Trabucco: “Le motivazioni che animano la Sua richiesta di ripristino della Festa Nazionale del 4 Novembre sono ammirevoli, così come l’impegno e la determinazione che ha dimostrato. La Sua proposta sarà oggetto di approfondimento da parte dei miei Uffici”. Il premier, però, aggiunge, che “si tratta (…) di un tema di competenza parlamentare, su cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri non può intervenire direttamente”.
Sette proposte di legge sono state presentate nel periodo della pandemia per tornare a rendere il doveroso onore ai 651mila caduti, i dispersi, i feriti della Grande guerra e a chi si è immolato pure dopo per la Patria. Trabucco, ufficiale di fanteria e paracadutista è stato impiegato per molti anni nei servizi di informazione e sicurezza fino al gennaio 2018. Pochi mesi dopo, zaino in spalla, parte per un viaggio patriottico, straordinario e d’altri tempi percorrendo a piedi oltre 1400 chilometri dalla punta più a Nord dell’Italia all’estremo lembo meridionale facendo tappa ai monumenti dedicati ai caduti portando con sé un Tricolore.
Il suo “diario di bordo” da Bolzano a Siracusa è diventato un libro per il centenario del Milite ignoto: L’ombra della vittoria…il fante tradito. In copertina c’è proprio l’immagine simbolica della sua ombra armata di bastone, zaino e Tricolore. Dopo l’impresa l’autore si reca a Redipuglia, sacrario di 100mila caduti della Grande guerra, composto da enormi gradoni con scolpito all’infinito la parola “Presente”. E spiega al Giornale.it: “Abbiamo piantato dei cipressi nel piazzale d’onore del Sacrario dedicati a due fondatori del Comitato per il ripristino della festa nazionale del 4 novembre portati via dalla pandemia”.
E a Vittorio Veneto presenta per la prima volta il libro sul suo cammino per l’Italia nel sacrario delle bandiere di Serravalle, che custodisce anche il Tricolore con le firme dei sindaci di tante città sventolato da Trabucco dalle Alpi alla Sicilia. “Questa è la storia di un viaggio, il mio viaggio. Un viaggio tra i ricordi, le speranze, i desideri. Un viaggio per gli uomini e le donne di allora, per gli uomini e le donne di oggi” spiega Trabucco nel libro, che rende onore “ai nostri “fantaccini” che andarono a morire lontano da casa per la nazione”.
Un’impresa “per l’Italia, per dare voce a quei 650.000 militari e 550.000 civili che pagarono il prezzo supremo nella Grande Guerra”. Quarantaquattro tappe lungo il nostro paese dove i caduti vengono ricordati con monumenti degni di questo nome, che i nostri figli neppure conoscono perché a scuola nessuno parla degli eroi sconosciuti della Prima guerra mondiale, oggi dimenticati. “Uscito da Vodo di Cadore, mi fermai al Monumento ai Caduti sul ciglio della strada, circondato da catene e da aquile in ferro - scrive Trabucco - Ogni Monumento ha la sua particolarità e la sua bellezza, ognuno ricorda il significato di quella pietra che non casualmente è bianca, bianca come un foglio dove poter scrivere la storia di ognuno di quei nomi che spesso si ripetono uguali, perché appartenuti a fratelli, padri, figli, zii, cugini e nipoti”.
Trabucco rende onore anche al nemico austroungarico di allora nel cimitero di guerra di Brunico. E spesso lungo il tragitto “mentre camminavamo, la gente applaudiva e chiedeva del mio viaggio”. Il fante tradito di Trabucco non dimentica le storie di chi si è sacrificato come “il caporale Roberto Sarfatti, la medaglia d’oro più giovane della guerra, nato a Venezia il 10 maggio 1900 da famiglia ebraica e morto su Col d’Echele il 28 gennaio 1918, in combattimento, non ancora diciottenne”. Oppure “il tenente Giulio Blum, la medaglia d’oro più anziana, nato a Vienna il 20 dicembre 1855 caduto il 23 agosto del 1917 sul Monte Ermada durante l’11ima battaglia dell’Isonzo, che aveva rifiutato di ripiegare e, al comando della Brigata “Salerno”, impugnando un tricolore, andò all’assalto gridando 'Viva l’Italia'”.
Il volontario più anziano è Giovanni Tamiotti nato nel 1831 a Rossa, in provincia di Vicenza, arruolato a 17 anni contro l’Austria nelle battaglie del 1848-49 a Novara. Allo scoppio della Grande Guerra, si arruola nella Brigata “Como” contro quegli stessi austriaci che aveva già combattuto nel Risorgimento. Pochi mesi dopo il congedo muore, nel 1916, a 85 anni. E non può mancare la nostra Giovanna d’Arco mancata, "Luigia Ciappi, una maestra calabrese che, nel maggio 1915, si presentò come volontaria vestita da uomo, quando fu scoperta venne consegnata ai carabinieri e riportata indietro”. L’ultima tappa è nell’estremo sud della Sicilia. Il generale Nicola Galippi, vicepresidente dell’Unione nazionale ufficiali in congedo chiama ad ogni tappa e finalmente il tenente Pasquale Trabucco del 28° reggimento di fanteria “Pavia”, matricola 59091 comunica che “il tricolore garrisce al vento di Portopalo di Capo Passero”.
La battaglia per ripristinare il 4 novembre festa nazionale in ricordo dei caduti continua e oggi l’ufficiale che la sta combattendo sfilerà a Roma con le associazioni d’Arma.A seguito del labaro della fanteria fino all’altare della Patria dove il capo dello Stato, Sergio Mattarella, renderà onore, 100 anni dopo, al Milite ignoto.
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