L'Espresso, settimanale storico della sinistra italiana, dedica larga parte del numero in edicola a Silvio Berlusconi, aprendo le celebrazioni dell'ottantesimo compleanno del Cavaliere che cade a giorni, il 29 settembre. «Carissimo nemico», è il titolo di copertina, la centesima, come viene ricordato, che la rivista dedica a Berlusconi in oltre vent'anni (foto).
Il pezzo forte è un'articolessa di Ezio Mauro, ex direttore di La Repubblica, l'uomo che orchestrò e guidò la più grande, meticolosa e incessante campagna giornalistica, spesso gratuitamente diffamatoria, che si ricordi contro un singolo uomo, Berlusconi appunto. Il titolo è: «L'undicesima domanda», facendo seguito a quel tormentone infamante delle «dieci domande» che La Repubblica lanciò, come attacco finale a Berlusconi, al nascere dell'inchiesta su Ruby, a firma di Giuseppe D'Avanzo, braccio armato di Ezio Mauro e, parlandone da vivo, collega morboso, rancoroso, spregiudicato e asservito ai peggiori magistrati dai quali riceveva quotidianamente veleni nei quali intingere la penna. Questa «undicesima domanda» è: «Cavaliere, ma ne valeva la pena?» (di scendere in campo e provare a cambiare il Paese nel modo in cui è accaduto).
La risposta è già in quel punto interrogativo con il quale L'Espresso, per la prima volta nella sua storia, sostituisce le granitiche certezze su quello che fino a poco tempo fa consideravano «il male assoluto». A prima vista potrebbe sembrare un onore delle armi a un nemico che considerano vinto e la cui distruzione ha rappresentato il loro scopo di vita. Quasi un rimpianto, da reduci di un'epopea eroica che non c'è più. Ma la verità è in alcuni indizi disseminati negli articoli dell'Espresso. È vero che Silvio Berlusconi ha perso alcune battaglie politiche e giudiziarie, ma la guerra, e per la prima volta lo ammettono, l'hanno persa i D'Avanzo, gli Ezio Mauro (uno che peraltro è stato al servizio di un evasore fiscale come Agnelli e di uno che ha ammesso di pagare tangenti, come De Benedetti), quelli de L'Espresso e il mondo che rappresentano: Berlusconi è ferito ma vivo; la loro sinistra ideologica e post comunista per la quale hanno combattuto con i metodi più sporchi del giornalismo, della politica e della giustizia è definitivamente morta e le sue spoglie se le stanno spartendo Renzi e Grillo.
Per cui la nostra risposta alla
«undicesima domanda», al netto delle sofferenze fisiche e psicologiche che ha dovuto subire Silvio Berlusconi, è: sì, ne valeva la pena. E il vostro rimpianto di oggi per il «carissimo nemico» alla vostra altezza lo conferma.
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