«Ucciso davanti al Cremlino per dare una segnale forte al sistema e per offrire un'immagine sbagliata della Russia all'estero». Per far credere cioè che dietro all'assassinio di Boris Nemtsov «ci sia Putin». È l'opinione di Leonid Sevastianov, direttore esecutivo della Fondazione San Gregorio del Patriarcato di Mosca, consigliere politico di Hilarion, braccio destro del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill.
Perché è stato ucciso Nemtsov?
«Conoscevo personalmente Boris. Era uno del sistema e dell'establishment. Non era affatto un pericolo e aveva numerosi amici al governo. La sua uccisione proprio davanti al Cremlino è stata significativa. Stava tornando da un ristorante dove aveva appena cenato con la sua ragazza ucraina, di Kiev. Stavano camminando per rientrare insieme a casa. Ma la sua ragazza non è stata uccisa. Perché solo lui? Perché non davanti al ristorante? Perché proprio davanti al Cremlino? Per dare un segnale».
Chi c'è dietro l'assassinio di Nemtsov?
«La maggior parte della gente, qui in Russia, è convinta che Boris sia stato assassinato dai servizi segreti stranieri per destabilizzare il nostro sistema politico e per dare un'immagine sbagliata della Russia all'estero. È stato fatto fuori per avere una ragione in più per far dire al mondo: Guarda come Putin uccide la sua opposizione. Ma ripeto: Nemtsov era parte del sistema».
Quale è la posizione del Patriarcato ortodosso sulla questione ucraina?
«La chiesa ortodossa non intende essere coinvolta in questioni politiche. Non diciamo chi ha ragione e chi ha torto. Chi sta dalla parte del conflitto è sempre dalla parte del torto. Il Patriarca Kirill invita al dialogo tutte le parti in causa. Basta con la guerra, basta con il massacro di cristiani. In tutte le chiese ortodosse è stata introdotta una preghiera speciale per chiedere la pace in Ucraina».
Cosa si aspetta dal presidente Putin e dal presidente Poroshenko?
«Mi aspetto che risolvano la crisi con il dialogo. Ma credo che un ruolo più decisivo verso la stabilizzazione dell'area spetti al presidente ucraino. Il conflitto civile è nel suo Paese e occorre ricercare il dialogo con la sua gente nelle zone di Donetsk e Lugansk. Il popolo vuole essere ascoltato, ma per il momento il governo non lo sta facendo».
Cosa si aspetta dal Papa?
«Quello che già sta facendo. Che non prenda posizione né verso la Russia né verso l'Ucraina. È saggio il suo invito alla pace».
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