Sono spacciatori, apprendisti terroristi, stupratori e rapinatori. Sono i cosiddetti imam a cui s'affidano per preghiere e pratica religiosa i 7.646 detenuti di fede musulmana nelle carceri italiane. L'inquietante spaccato emerge da un documento segreto del nostro governo di cui Il Giornale è in possesso. Un dossier in cui sono elencati non solo le generalità e l'origine dei 148 sedicenti imam, in gran parte marocchini, tunisini e algerini che controllano la preghiera nelle carceri italiane, ma anche le note con cui vengono segnalati e descritti dagli operatori dell'autorità carceraria.
Il documento, datato 11ottobre 2016, è uno degli undici allegati «segreti» di quella relazione sul «contrasto della radicalizzazione violenta in carcere di matrice confessionale» preparata dal Dipartimento amministrazione penitenziaria e presentata dal premier Paolo Gentiloni nella conferenza stampa del 6 gennaio scorso sulla diffusione dell'integralismo negli istituti di pena. Nel pubblicare il documento Il Giornale ha deciso di non divulgare le generalità di tutti i 148 imam perché molti di questi, nonostante le condanne penali, non vengono ritenuti pericolosi ai fini della radicalizzazione e svolgono talvolta funzioni di collegamento tra l'amministrazione carceraria e i detenuti. Lo stesso non si può dire di almeno 26 «cattivi maestri» finiti nel mirino del Nic (Nucleo investigativo centrale), la centrale investigativa dell'Amministrazione penitenziaria che lavora con magistrati, forze di polizia e servizi segreti per identificare i detenuti radicalizzati che svolgono proselitismo all'interno delle prigioni propagandando tesi violente ed estremiste.
Nell'analizzare le loro posizioni il Nic individua tre livelli di rischio . Al primo, definito «alto» , appartengono i soggetti «monitorati», i detenuti i per reati connessi al terrorismo internazionale e quelli di particolare interesse per atteggiamenti rivolti al proselitismo alla radicalizzazione e al reclutamento. Al livello «medio» sono inseriti i detenuti «attenzionati», vicini alle ideologie jihadista e attivi a livello di proselitismo e reclutamento. Il terzo livello - «basso» restano i cosiddetti «segnalati», tutti quelli su cui va svolto un ulteriore approfondimento per capire se inserirli al primo o secondo livello o esentarli da altre verifiche. Tra i 26 dei 148 imam controllati dal Nic 14 sono i «monitorati» al livello di massimo rischio, otto gli «attenzionati» e quattro i «segnalati».
Un dato estremamente preoccupante perché ci racconta che all'interno di un sistema carcerario, dove il rischio radicalizzazione è assai alto, continuano a operare più di venti maestri di preghiera vicini all'islam terrorista. Un ventina di personaggi a cui, nonostante le segnalazioni, è ancora concesso di far attività di proselitismo e predicazione.
Per capire meglio di cosa parliamo basta citare Hmidi Saber, il tunisino 32 enne, monitorato dal Nic, a cui una settimana fa è stato recapitato un ulteriore mandato d'arresto in carcere perché sospettato di legami con Anis Amri, il terrorista autore della strage dei mercatini di Natale di Berlino ucciso dalla polizia a Milano. Nel documento di cui siamo in possesso il detenuto arrestato per aver tentato di sparare a un agente viene indicato come imam del carcere di Salerno proveniente dal Carcere di Sconsigliano. «Il detenuto scrivono di lui gli operatori penitenziari - ha posto in essere comportamenti problematici, sintomatici di uno scarso adattamento al contesto penitenziario sin dalla data d'ingresso in questa sede».
Ma tra i sedicenti imam si conta anche un presunto volontario della jihad come il 25enne marocchino Hamil Mehdi accusato di addestramento e attività con finalità di terrorismo. Detenuto nel carcere di Rossano Calabro - la Guantanamo italiana dove venivano convogliati fino a qualche tempo fa i sospetti terroristi islamisti - Hamil Mehdi Mehdi viene arrestato a Cosenza nel gennaio del 2016 dopo un viaggio in Turchia durante il quale tenta di raggiungere le zone siriane controllate dallo stato Islamico. Un altro maestro di preghiera dal curriculum perlomeno problematico, monitorato dal Gic, è il tunisino Lamjed Ben Kraiem. Arrestato a Trapani nel luglio del 2013 accusato di traffico di armi e droga viene segnalato dalla polizia penitenziaria di Trapani per la sua capacità di porsi «in modo evidente come guida spirituale conducendo la preghiera insieme ad altri detenuti e compagni di camera». Altrettanto stupefacente la metamorfosi del 44enne tunisino Ouerghi Nabil segnalato per la sua attività di imam nel carcere di Piacenza.
«Al suo ingresso in istituto - si legge elle carte - ha assunto un ruolo di leader e di promotore di richieste a nome dei detenuti islamici della sezione di appartenenza chiedendo di creare una sala preghiera collettiva da poter utilizzare due volte al giorno». Peccato che a portarlo in galera siano state le accuse lo spaccio e soprattutto di stupro ai danni di una ragazzina di 16 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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