Bologna, la piazza dei collettivi: "Polizia? Una smitragliata e via"

Piazza Verdi è il regno degli antagonisti. Tra degrado, droga e violenze la polizia è malvista. E tre anni fa un'intera squadra di agenti fu cacciata

Bologna, la piazza dei collettivi: "Polizia? Una smitragliata e via"

L'emblema di Piazza Verdi lo hanno dipinto dopo una festa notturna organizzata dal Cua, il Collettivo Universitario Autonomo di Bologna che in questi giorni sta lottando stupidamente contro i tornelli nelle biblioteche dell'Ateneo. Vicino alla scritta "Storia partigiana" c'è il disegno di una squadra di celerini della polizia respinti dagli antagonisti. Non è lì per caso. Si tratta di un memoriale in ricordo della grande vittoria (per il Cua) del 28 maggio del 2013, quando gli agenti cercarono di bloccare un'assemblea illegale indetta all'aperto, vennero circondati dai manifestanti e furono costretti a retrocedere. "La polizia batte in ritirata". Da quel giorno è stata rinominata "Piazza Verdi Liberata" e per alcuni giorni al centro del lastricato venne addirittura piantato un olivo. Poi morto.

Come morta, di fatto, è la vita nel sagrato del teatro comunale. Piazza Verdi potrebbe essere molte cose: potrebbe essere la culla di una delle Università più antiche del mondo, il cuore culturale di Bologna, il centro di aggregazione intellettuale e scientifica di una delle sedi accademiche più prestigiose d'Europa. Tra via Zamboni e le due Torri si affacciano tutte le facoltà più importanti, ad iniziare da quella giurisprudenza, il cui primo corso risale al 1088. Ma da anni ormai, nelle cronache nella mente di chi vive il capoluogo emiliano, la zona universitaria fa rima con degrado, abbandono, occupazioni, manifestazioni non autorizzate, scontri con la polizia. E poi ancora droga, barboni accampati sotto i portici, abusivismo, furti e violenze.

Esagero? No. Chiedetelo ai bolognesi e agli studenti, come lo è stato chi scrive. Erano le tre del pomeriggio nello slargo alle spalle di Piazza Verdi, uscivo dalla segreteria degli studenti per formalizzare l'iscrizione quando vidi un ragazzo iniettarsi droga in vena di fronte a tutti e nell'indifferenza generale. Quello era, ed è tuttora, il biglietto da visita della città. Se non ci credete, domandatelo al fidanzato di Laura Tamai, 31enne venuta appositamente da Padova per "sballarsi" a Bologna e trovata morta di overdose.

Piazza Verdi è questa. È zona franca. Se ne parli con agenti e carabinieri costretti a fare picchetto ogni sera, non hanno timore ad ammettere che "Bologna è peggio di Napoli: tollerabile di giorno, impressionante di notte". Via Zamboni puzza dell'ipocrisia dei tanti figli di papà vestiti da rivoluzionari. Emana l'odore di ideologie vecchie, di anarchia farlocca mischiata a neo-comunismo immigrazionista. Un puzzo di cui molti studenti (non tutti) farebbero volentieri a meno. Un odio per le regole praticato quotidianamente e scolpito a suon di graffiti sui muri: "Contro i fascisti e polizia, una smitragliata e via".

Più l'Università spende soldi per cancellare le scritte e più ne compaiono. In Piazza Verdi vige solo l'articolo 1 della Costituzione dei collettivi: liberi tutti. Liberi i barboni di infastidire i passanti; liberi i ragazzi di abbandonare ogni sera migliaia di bottiglie di vetro in terra, nonostante i tre grossi bidoni a nemmeno cinque metri di distanza; libere le coppiette di fare sesso in strada; liberi gli scippatori di fare ricchi bottini ogni sera; liberi di occupare, fare assemblee, organizzare rave party. Un decreto del sindaco vieta ai locali di vendere alcolici dopo una certa ora, ma gli abusivi si sono organizzati e nei mesi scorsi la polizia ha scoperto un intero appartamento con 500 bottiglie di birra refrigerate e pronte ad essere spacciate sotto banco. Liberi pure loro.

I collettivi che giovedì scorso hanno distrutto la biblioteca di Lettere sguazzano in questa melma. Il degrado gli piace. Siano essi componenti del Cua, di Hobo, del Tpo o del Crash, condividono lo stesso disprezzo per le regole e il decoro. Il loro motto è reagire (con violenza) a chiunque non assecondi i loro capricci rivoluzionari. Oggi sono i tornelli, ieri il Rettore cui arrivarono a mettere le mani al collo oppure il professor Panebianco. Domani chissà. Nel giugno dell'anno scorso, quando Salvini chiese di fare un comizio nella "loro" piazza, si barricarono dietro balle di fieno.

I cittadini ormai non si pongono il problema della sicurezza, ma quello dell'insicurezza. La sfida, cioè, non è garantire una vita tranquilla, ma fare in modo che sia il meno rischiosa possibile. In una parola: rassegnazione.

A settembre dell'anno scorso un gruppo di residenti chiesero alla polizia di fermare i tamburi e gli schiamazzi. I due agenti della voltante risposero: "Risolvetevela da soli". Perché in piazza Verdi non governa la legge. Ma chi la infrange.

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