Capuozzo: "Qualcuno della Marina italiana ha fatto carriera sulla pelle dei marò"

Capuozzo: "Non è un caso che gli indiani non siano arrivati a istruire un processo, perché non c'è alcuna prova della loro colpevolezza"

Capuozzo: "Qualcuno della Marina italiana ha fatto carriera sulla pelle dei marò"

"Non nascondo nel libro di avere un pregiudizio favorevole, in base alla conoscenza personale con Latorre, che mi ha fatto da scorta, in Afghanistan nel 2006, e in generale per la mia esperienza. Non ho mai visto né sentito di un militare italiano con il grilletto facile. Mi è capitato più volte di trovarmi in situazioni di tensione e, al contrario mi sono chiesto: ma quando sparano? I militari italiani sono prudenti, attenti e rispondono al fuoco se attaccati". A dirlo, in una intervista al Tempo, è il giornalista Toni Capuozzo che ha scritto il libro Il segreto dei marò, edito da Mursia.

Secondo Capuozzo, "non è un caso che gli indiani non siano arrivati a istruire un processo, perché non c'è alcuna prova della loro colpevolezza, ci sono al contrario molte prove della loro innocenza". Sulle indagini, il giornalista afferma che sono state effettuate con "molta faciloneria, una grande approssimazione e con un teorema: sono stati gli italiani, sono colpevoli. Tutto ha avuto subito un forte connotato politico: erano giorni in in cui il Partito del Congresso si giocava la maggioranza, in Kerala c'era l'elezione supplettiva per un deputato che era deceduto. L'incidente ai due pescatori rappresentava un'occasione formidabile. Era già decisa la colpevolezza, bisognava solo acconciare un teorema. È stato fatto in modo facilone e maldestro".

Infine, da Capuozzo arriva una dura accusa anche l'Italia: "Siamo disastrosi. Convinti, all'inizio, che la cosa possa finire a tarallucci e vino, ci sfugge completamente la strumentalizzazione politica". Nel suo libro, Capuozzo ricorda che chi ha avuto a che fare sul caro marò tra le sfere militari italiane ha fatto una rapida carriera: "È vero che alcuni posti nella Marina militare sono dei trampolini di lancio.

Chi guida la Squadra Navale è chiaro che poi avrà un incarico più importante, tutte persone che avevano carriere brillanti annunciate. Il sospetto è che queste carriere siano un omaggio ad un atteggiamento che ha accettato la supremazia della politica e dell'economia".

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