"37 anni per la strada e tutte le volte che ho arrestato qualcuno il giorno dopo era già fuori". Sebastiano Leone è in pensione da un anno ma rivendica con orgoglio la sua vita al servizio dell’Arma. Al Giorno, il carabiniere che faceva parte del nucleo radiomobile della Toscana si confessa con una velo di amarezza: "Chi deve operare ha paura. Ormai le cose stanno così: uno si chiede se valga la pena oppure sia meglio arrivare a sirene spiegate che, intanto, quelli scappano. Vedo il ladro che scappa, lo rincorro, lo piglio con la refurtiva in mano e poi c’è chi mi viene a chiedere con tono accusatorio: ‘Ma perché l’hai arrestato?’. Vai in tribunale e sembra che l’imputato sia tu. Se uno fa resistenza e cerchi di bloccarlo finisci sotto accusa perché dice che l’hai picchiato. Il tuo operato si mette in dubbio".
E ancora: "Non mi ci sono mai abituato a ritrovarmi davanti persone spaventate, umiliate, in lacrime. Un uomo, non lo posso dimenticare, l’avevano fatto inginocchiare davanti alla moglie puntandogli un cacciavite alla gola". Scene di orrore puro... "Un altro, a Cerreto. L’avevano spaccato di legnate e poi, tutto nudo, l’avevano legato ad una sedia con il fil di ferro. Era massacrato e quando siamo arrivati abbiamo cominciato a levargli il fil di ferro dalla carne. E tutto questo per cento euro. Lui non faceva che raccontare: ‘Mi sono svegliato con una luce negli occhi e non ho capito più niente. Mi sono visto passare la vita davanti agli occhi’". I più feroci sono gli stranieri? "Sono cattivi, molto cattivi. Le organizzazioni dei georgiani, dei russi, dei romeni. Secondo me ci sono molti ex militari o paramilitari che adottano tecniche di guerra. Estremamente pericolosi.
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