A Rio sventoliamo il tricolore, non la bandiera di Bruxelles

U na bandiera parla, una bandiera dice, una bandiera è un messaggio politico, anche quando non si può dire

A Rio sventoliamo il tricolore, non la bandiera di Bruxelles

U na bandiera parla, una bandiera dice, una bandiera è un messaggio politico, anche quando non si può dire. Elisa Di Francisca la mostra orgogliosa dopo l'argento. È una bandiera con (...)

(...) dodici stelle d'oro in campo azzurro. È quella che qui nel limbo olimpico non esiste. Non è prevista. E lei per la prima volta la sventola. La Ue ringrazia, il Cio borbotta, la politica in Italia in parte applaude, ma c'è anche chi come Salvini non ci si riconosce. Qui viene fuori il paradosso della bandiera europea, perché in questa stagione buia le stelle si sono asserragliate dietro i loro muri, ognuna in fondo persa dentro i fatti suoi, e il blu si è stinto fino ad indossare un abito grigio. Non c'è stata l'Europa. Non c'è stata sull'immigrazione. Non c'è stata contro l'Isis. Non c'è stata per trovare una via d'uscita comune dalla crisi economica. La bandiera di Bruxelles non assomiglia ai sogni di Spinelli e neppure al realismo visionario di De Gasperi, di Adenauer, di Churchill, di Schuman, di Monnet. Così, purtroppo, adesso non è un simbolo per tutti, non ti ci riconosci. Resta quella polvere densa di delusione o di antipatia. L'Italia è Europa, l'Europa in questo momento non è nulla.

Cosa sarebbe successo se Elisa Di Francisca, prendendo spunto da una suggestione del Corriere della Sera, avesse messo al vento quella italiana? Non sarebbe stata una provocazione. Non avrebbe avuto lo stesso effetto. Ma in questo momento, e magari sembra incredibile, il tricolore parla più forte, perché il tricolore è Europa, è Occidente e contiene in quel bianco, rosso e verde la rivendicazione universale dei diritti dell'uomo. L'altra è un segnale di resa.

Poi, certo, quello di Elisa è un desiderio legittimo, controcorrente rispetto all'ipocrisia di certa burocrazia olimpica: riconoscersi nelle dodici stelle d'oro. È la speranza di un'altra Europa.

Quello che conta è ciò che lei ci vede. Il messaggio arriva lo stesso, con le parole: «Ho portato la bandiera europea per le vittime di Parigi e Bruxelles. L'Isis non deve vincere». Ed è saggio chiamare il terrorismo islamico con il suo nome. «Non diamola vinta a chi vuole farci chiudere dentro casa.

Viviamo nella paura nelle piazze, negli aeroporti e negli ascensori. Il mio è stato un atto d'amore. Ci teniamo alla vita e per chi crede è un dono di Dio da rispettare». Questo è il cuore del messaggio. Poi ognuno scelga la bandiera che vuole, quella che trova più vera.

Vittorio Macioce

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