“Guarda che nun stamo ar circo, stamo ar cinema: se vede tutto.”
Parola di un maestro della regia cinematografica, Sergio Leone, così come l’ha riportata qualche tempo fa, nella laconica parlata romanesca, un altro importante personaggio del cinema, Carlo Verdone, mentre presentava al pubblico televisivo il ritratto documentaristico di uno dei suoi più importanti insegnanti.
La vicenda rievocata si svolge negli anni Sessanta ed il narratore, prima di continuare nel racconto, fa parlare musica ed immagini così come le compose, cinquant’anni fa, Leone.
Sullo schermo la scena del duello finale di “Per qualche dollaro in più” e le mani di Clint Eastwood, Lee Van Cleef e Gian Maria Volontè stringono un orologio da taschino col carillon.
L'inquadratura si stringe ora sulle lancette, ora su un particolare della cassa, infine su un ritratto di donna all’interno del quadrante.
Secondo la testimonianza di Carlo Verdone, Leone, con chi dubitava dell’utilizzo in scenografia dell’utilizzo di piccoli oggetti sottolineava sempre la capacità della macchina da presa di portare lo sguardo del pubblico esattamente dove decide il regista.
Il cinema, è vero, riesce ad esaltare cose spesso trascurate o poco evidenti e proprio su questa caratteristica unica una comunità di artigiani ha saputo costruire una discreta fortuna.
Si tratta degli artigiani delle armi, grazie ai quali iniziò, proprio con i “western all’italiana”, l’epopea delle armi italiane sul grande schermo, che dura ancora oggi.
Da “Balla coi lupi” a “L’ultimo dei Mohicani”, da “Master and Commander” a “Ritorno a Cold Mountain”, da “La Maledizione della prima luna” a “Lincoln” e il remake de “Il Grinta”, i prodotti armieri italiani “recitano” impeccabilmente la propria parte donando al pubblico emozioni senza fare del male a nessuno.
A produrli, giovani e anziane leve di una delle comunità nostrane più operose, quella gardonese, nata e cresciuta intorno alle armi. Armi da guerra prima; armi da gioco ora, come ci spiega – guarda l’intervista- uno dei più importanti esponenti della “filiera armi sportive”, Pierangelo Pedersoli dell’omonima fabbrica d’armi, leader internazionale nella costruzione di repliche storiche.
Questo successo degli armaioli italiani vale da lezione e ci permette di riflettere sulle potenzialità del vero “Made in Italy” per non lasciarci vincere dal sentimento di sconfitta in tempi di crisi ed essere consapevoli di poter eccellere.
538em;">Per fare questo serve però rifuggire dall’ipocrisia e dai falsi buonismi, riappropriarci della capacità critica e riconquistare il senso del reale.
Chi ha detto, dunque, che le armi sono fatte solo per uccidere?
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