Le consultazioni fondate sull'insulto

Le consultazioni fondate sull'insulto

Machiavelli sosteneva che «gli uomini offendono per paura o per odio». I Cinquestelle, e il loro portavoce ufficiale Marco Travaglio, nei confronti di Berlusconi lo fanno per entrambi i motivi. La paura è quella di non riuscire, a un passo dalla meta, a mettere le mani sul Paese, pretesa infondata perché non hanno i numeri elettorali per farlo, almeno senza spartire il bottino con qualcun altro. L'odio è lo stesso di sempre, e rispunta ogni qualvolta il Cavaliere resuscita da morte presunta o apparente e intralcia i piani del prepotente di turno. Da Occhetto a Prodi, da Bersani a Renzi, la storia insegna.

A poche ore dal fine partita (Mattarella non ha più pazienza), la macchina del fango ha rotto gli argini e inquina i pozzi della politica a piene mani. Dopo «Berlusconi è geneticamente inferiore a noi» e «Berlusconi è il male assoluto», ora arriva anche il titolone del Fatto a Cinquestelle sul «delinquente» che umilia e ricatta Salvini per cose indicibili e a noi sconosciute. Salvo poi, a riga cinquanta dell'articolo del capocomico Travaglio, leggere che si tratta di «illazioni».

«Illazione», si legge sul vocabolario, significa «ragionamento con cui si trae una conseguenza da una premessa che può essere anche falsa», oppure «supposizione arbitraria». Questo giornalismo, questa politica delle «illazioni» si ispira ai teoremi giudiziari che hanno portato, fra l'altro, un giudice a definire in modo appunto «arbitrario» Silvio Berlusconi un «delinquente», permettendo di conseguenza a Travaglio di insultarlo, al riparo (forse) da conseguenze penali e civili.

In tutto questo c'è una violenza bestiale che va ben oltre la partigianeria e che temo sia solo l'antipasto di cosa potrebbe accadere ai non allineati nel malaugurato caso di un governo a guida Cinquestelle.

I processi di piazza, che si basano appunto su illazioni giornalistiche-giudiziarie e delazioni private, sono la fine dello Stato di diritto. Il rischio che l'Italia diventi una mega Casaleggio Associati è alto.

Provare a mettere argini a questa ipotesi non sono «capricci», come li ha definiti ieri Matteo Salvini, ma legittima difesa. Fino a che si è in tempo, perché Di Maio ricordi la massima che recita: «Mai insultare un alligatore prima di aver attraversato il fiume».

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