Tra un anno potrebbe essere più facile farla franca per gli automobilisti indisciplinati che ricevono una contravvenzione negli altri paesi dell'Ue. E' l'effetto di una decisione della Corte di europea di Giustizia, che ha ha annullato, con una sentenza emessa oggi a Lussemburgo, la direttiva Ue volta a facilitare lo scambio di informazioni relative a una serie di infrazioni stradali e l’esecuzione transfrontaliera delle sanzioni collegate a queste infrazioni: eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, mancato arresto davanti al semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, mancato uso del casco protettivo, circolazione su una corsia vietata e uso indebito di telefono cellulare durante la guida.
La direttiva permetteva alle autorità di uno Stato membro di incassare le multe stradali comminate per infrazioni sul proprio territorio commesse da residenti in altri Stati membri, accedendo ai dati nazionali sull’immatricolazione dei veicoli in modo da individuare la persona responsabile. Ma secondo la Corte è stata approvata con una base giuridica inappropriata, facendo riferimento agli articoli del Trattato Ue relativi alla cooperazione di polizia invece che a quelli riguardanti la sicurezza dei trasporti. Gli effetti della normativa annullata, tuttavia, restano in vita per un termine massimo di un anno, così come hanno deciso i giudici comunitari: questo sia per ragioni di certezza del diritto che per evitare conseguenze negative sulla realizzazione dell’obietivo del miglioramento della sicurezza stradale nella politica dei trasporti dell’Ue.
La direttiva 2011/822 era stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio Ue il 25 ottobre 2011, con una modifica della base giuridica, rispetto al testo originale presentato dalla Commissione il 19 marzo 2008. I due organi co-legislatori dell’Ue avevano deciso di sostituire alla base giuridica della sicurezza stradale, individuata correttamente dalla Commissione, quella della cooperazione di polizia, che la Corte ha ora giudicato sbagliata.
Nella sua sentenza la Corte spiega che, per quanto concerne sia la sua finalità sia il suo contenuto, la direttiva costituisce una misura atta a migliorare la sicurezza dei trasporti e non si ricollega direttamente agli scopi della cooperazione di polizia, che nel Trattato Ue ha copre aree molto diverse, precisamente individuate: lo sviluppo di una politica comune in materia di asilo, l’immigrazione e il controllo delle frontiere esterne, la prevenzione della criminalità, del razzismo e della xenofobia. Era stata la stessa Commissione europea, dopo l’approvazione definitiva della direttiva, a presentare un ricorso di annullamento alla Corte Ue, ritenendo che fosse stata adottata su un fondamento giuridico errato.
Il termine per la trasposizione della direttiva nel diritto nazionale è scaduto il 7 novembre 2013. Alla luce di questo la Corte ritiene che considerazioni importanti di certezza del diritto giustifichino il mantenimento degli effetti della direttiva sino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può eccedere un anno a partire dalla data di pronuncia della sentenza, di una nuova direttiva basata sul fondamento giuridico appropriato. Dunque gli automobilisti indisciplinati potrebbero farla franca, se ricevono delle contravvenzioni all'estero (nell'Ue), a meno che, nel frattempo, non venga approvata una nuova direttiva, questa volta giuridicamente ineccepibile.
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