Chiunque abbia provato l'indicibile piacere preistorico di una costina spolpata fino all'osso, in cuor suo già lo sapeva. La carne, il cibo più gratificante del creato, quello per cui ci siamo evoluti muniti di canini e non di un abomaso come i bufali, non poteva fare male. E così pure il formaggio, finalmente assolto dalle accuse di aver ostruito arterie come il calcare le lavatrici.
La differenza sta nel fatto che finora difendere i cibi brutti, bestiali e cattivi ti poteva costare un'accusa di revisionismo gastronomico e una condanna a sei mesi di tofu senza condizionale, mentre da oggi ogni fiero consumatore di proteine animali avrà anche una pezza d'appoggio per demolire le obiezioni degli alimentaristi da salotto e dei salutisti da valle degli orti: un benedetto studio di un benemerito gruppo di ricercatori canadesi (ah, che magnifiche Porterhouse steak in Ontario...) ha infatti sentenziato che «limitare l'assunzione di grassi non migliora la salute». Anzi, aumentare l'apporto energetico dei grassi dal 10 al 35% e diminuire quello dei carboidrati ridurrebbe la mortalità. Una cosa da stropicciarsi le orecchie e - prima ancora che il cheeseburger sia pronto - firmare subito una petizione che assicuri il Nobel agli apostoli del cibo godurioso dell'università di Hamilton.
Che poi questo studio - denominato PURE - è stato condotto per 12 anni e su 154mila persone in 18 Paesi, è stato pubblicato sulla rivista Lancet e ha chiuso il congresso europeo di cardiologia di Barcellona: il che significa che è uno dei più completi e approfonditi mai portati a termine, non proprio una chiacchiera da bar. Ragion per cui merita di essere stampato e conservato nel portafoglio per avere la meglio su chiunque vi guarderà con aria da estrema unzione alla prima gozzoviglia. Ma sei pazzo, il bollito misto col musetto? Piano, vegano: io ho dalla mia il verbo dei canadesi e la statistica, che non è un'opinione e nemmeno un germoglio di soia. E se la statistica ci dice che chi mangia più grassi saturi, monoinsaturi o polinsaturi ha il 23% di probabilità in meno di morire e il 21% in meno di avere un ictus (sul cuore metto in conto di avere qualche guaio), tu puoi prendere pure le zucchine bollite e passarmi la mostarda, che al laido ma innocente musetto ci penso io.
Sarebbe la rivoluzione copernicana della dieta, destinata a cambiare molte abitudini. Anche perché per la prima volta punta il dito contro la pizza, la pasta e il pane, i capisaldi dell'alimentazione mediterranea. Esultanza dalle parti di Londra, dove la Sublime Society of Beefsteaks sta già scaldando le piastre al motto di «Beef & Liberty»; depressione e forni mogi mogi laddove focacce e pagnotte erano spacciate per toccasana ed elisir di lunga vita. D'altronde, se nessuno ha mai visto una tigre emaciata e in cattiva salute un motivo ci sarà, no?
Scherzi a parte, sulla trincea della pancetta la guerra da combattere è ancora lunga. È solo del 2015 l'offensiva dell'Organizzazione mondiale della Sanità, per cui la carne rossa era più letale del fumo. E probabilmente arriverà tra qualche mese un'altra ricerca che rimetterà salsicce e caciotte sul banco degli imputati. La scienza è così, infallibile ma parziale. Ecco perché la verità probabilmente sta nel mezzo, nel buon senso, dove ogni cibo fa male se mangiato in quantità eccessiva.
Ed ecco perché noi incalliti cultori della carne rossa abbiamo poco tempo: dobbiamo toglierci lo sfizio prima che qualche nuovo studio ci faccia tornare il tarlo del cancro e dell'infarto ad ogni barbecue. Quella fiorentina la vogliamo al sangue, che magari riusciamo a finirla prima che ci divori un nuovo senso di colpa...
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