Alcune preoccupanti falle nel sistema di sicurezza che dovrebbe proteggere i confini nazionali dal pericolo di una potenziale diffusione del Coronavirus sono state rivelate da un nostro connazionale, come rivelato da "La Nazione", che le ha potute verificare in prima persona, organizzandosi autonomamente anche per proteggere i propri familiari che lo aspettavano a casa.
Marco Andreozzi, ingegnere di professione, lavora infatti proprio in Cina, e da lì si è spostato in aereo per fare ritorno a casa. Il blocco dei voli diretti non gli ha impedito comunque di rimpatriare, anche per la necessità di fare una tappa intermedia in Israele sempre per motivi connessi alla sua professione. E proprio grazie allo scalo ha avuto la possibilità di rientrare, senza che fossero prese precise precauzioni a livello sanitario nei suoi confronti.
L'ingegner Andreozzi, che ha uno studio a Guangzhou e che in Cina, oltre a questioni connesse alla sua professione, ha costruito la propria famiglia, racconta le modalità dei suoi spostamenti. "Ho viaggiato lungo la tratta costiera Pechino, Tianjin, Shanghai, Shanzhen e Guangzhou. Per rientrare ho evitato il flusso turistico verso queste città e quello degli emigranti che tornavano a Wuhan, dal 16 al 20 gennaio. Nonostante ci fosse già il problema virus le notizie ufficiali erano assolutamente insufficienti, quasi fosse un’influenza, purtroppo", ricorda il professionista di Camaiore.
Dopo la tappa intermedia di Israele, lo sbarco in Italia, senza che fosse attivato alcun protocollo per la questione Coronavirus nonostante la sua originaria provenienza dalla Cina. "Non ho trovato controlli, nessuno mi ha segnalato né controllato il mio stato di salute, per questo ho scritto anche al Ministero della sanità", denuncia Andreozzi. "Anche se la questione riguarda l’Organizzazione mondiale della sanità, visto che il protocollo ha trascurato gli arrivi da aeroporti intermedi, tipicamente europei", aggiunge.
Tanto che l'ingegnere ha comunicato al ministero della Salute l'anomalia rilevata attraverso una missiva, inoltrata successivamente all'Assistenza sanitaria internazionale. "Segnalo una falla nel sistema dei controlli. Ieri sbarcavo a Fiumicino da Tel Aviv, ma il 21 avevo lasciato la Cina per l'India (senza toccare Wuhan). Sono andato in Dogana a dichiararlo e, per l'appunto, le prescrizioni dell'Oms non contemplano misure di controllo in sito, per temperatura corporea ed analisi. Che invece ci devono essere", ammonisce l'ingegnere, il quale poi aggiunge un suggerimento basato sulla propria esperienza."È banale: basta predisporre un documento per ogni arrivo dove si dichiari se si è stati in Cina nelle due settimane trascorse in precedenza. Mi sono messo in quarantena a casa fino al 5 febbraio, ovviamente. Ma chissà quanti casi esistono come il mio. Inoltre, molti cinesi sbarcano in altre città d'Europa, e poi da lì volano in Italia. Conosco personalmente casi proprio di questi giorni. Altra grave falla, perché tra i cinesi esiste ancor meno consapevolezza diffusa del problema. Su tutti gli arrivi, bisogna predisporre questa autodichiarazione", conclude.
Con grande correttezza e puntigliosità, Andreozzi si è quindi attrezzato per proteggere il suo Paese e la propria famiglia, una donna di nazionalità cinese e 3 figli, organizzando una quarantena in modo autonomo per scongiurare il rischio di un contagio da Coronavirus.
"Per scrupolo mi sono messo in quarantena da solo, al piano inferiore della nostra abitazione anche se mi sento benissimo. Porto la mascherina e mia moglie mi porta il cibo negli orari concordati. Lei e i nostri figli al momento stanno separati da me, al secondo piano", racconta il professionista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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