Dai sindacalisti ai magistrati Ecco i vampiri delle pensioni

Basta un incarico fittizio e scatta subito l'assegno extra: le pensioni d'oro grazie ad apposite leggine non sono sparite

Dai sindacalisti ai magistrati Ecco i vampiri delle pensioni

I rappresentanti dei lavoratori sono in buona compagnia. Tra i «vampiri» delle fortunate categorie passate al setaccio nel nuovo libro di Mario Giordano, ci sono giornalisti, banchieri, magistrati, burocrati di Stato, politici e affini. Le pensioni d’oro favorite spesso da apposite leggine non sono affatto sparite. Caduto perfino il contributo di solidarietà per mano della Consulta, un esercito di privilegiati continua a godere di assegni sproporzionati rispetto ai contributi versati. Ecco parte del capitolo sui sindacalisti

Giugno 2016. A Castel Mella, comune di undicimila abitanti in provincia di Brescia, si scopre l'esistenza di un professore che prende una pensione un po' speciale. Anzi, di pensioni ne prende due. Oltre al regolare assegno dovuto per i suoi quarant'anni nella scuola, infatti, incassa altri 1.500 euro al mese. E perché? Perché ha fatto per un paio di mesi il sindacalista nello Snals. Ebbene sì: a un sindacalista bastano un paio di mesi, una contribuzione aggiuntiva, un (finto?) stipendio, per maturare una rendita fissa per il resto della vita. Ovviamente a carico dei contribuenti. Cioè di quei lavoratori che il sindacato in teoria dovrebbe difendere. E che invece, in questo modo, finisce per spennare.

In realtà il professore non era il solo nello Snals a sfruttare questo gioco di prestigio, l'incastro magico, la scorciatoia per arrivare alla pensione d'oro. A Brescia, la guardia di finanza ne ha scoperti undici come lui, a cominciare dal segretario amministrativo nazionale del sindacato, Roberto Soldato, accompagnato nel business anche dalla moglie. Il meccanismo è sempre lo stesso: i lavoratori vicini alla pensione trascorrono gli ultimi mesi in distacco sindacale. Il sindacato per quei mesi paga (o finge di pagare: in questo caso non sono state trovate tracce di reali versamenti effettuati) uno stipendio aggiuntivo (dai 2.000 ai 4.000 euro) e versa i relativi contributi all'Inps. Il lavoratore, a sua volta, dona al sindacato una somma equivalente ai contributi versati. Risultato finale del giochetto: il sindacato non ci perde una lira, il lavoratore ci guadagna una pensione aggiuntiva. E l'Inps paga per tutti, alla faccia delle buste arancioni di chi la pensione non la prenderà mai.

Un caso isolato? Macché. Un sistema generalizzato che si basa su una legge del 1996, la numero 564, che ha consentito a schiere di sindacalisti di esibirsi in questa prova olimpica di salto triplo della moralità: basta un passaggio di un mese, vero o finto, nell'organizzazione sindacale per maturare il diritto a un consistente assegno per il resto della vita. Ma quanti sono ad avere goduto di questo privilegio? Tenetevi forte. La cifra esatta l'ha fornita il ministro Giuliano Poletti nell'aula della Camera, l'8 luglio 2015, rispondendo nella disattenzione generale a un'interrogazione del deputato di Scelta civica Giulio Cesare Sottanelli. Ribadisco: tenetevi forte. Sono 17.319. Proprio così: 17.319 sindacalisti che prendono un surplus di pensione non giustificata dai contributi versati, ma basata su privilegi così assurdi che lo stesso autore di quella legge, l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, se n'è pentito: «Quella norma si è rivelata troppo costosa e ingiustificata», ha detto. «A pensarci bene si poteva pensare a dei limiti...».

Ecco sì: si poteva pensare a dei limiti. Ma non è stato fatto. E continua a non essere fatto. E così, come certifica l'Inps, i sindacalisti continuano ad avere un regime privilegiato: «Hanno regole contributive diverse dagli altri lavoratori perché possono, prima di andare in pensione, farsi pagare dalle proprie organizzazioni incrementi delle pensioni a condizioni molto vantaggiose» scrivono i tecnici dell'Istituto di previdenza. E il sindacato può farlo? Può aumentare gli stipendi? Senza perderci nulla? Ma sicuro: basta che i privilegiati restituiscano la cortesia rendendo la somma ricevuta, sotto forma di elargizione. Come diceva il vecchio Carosello? Io do una cosa a te, poi tu dai una cosa a me. Tanto nessuno lo scoprirà mai, dal momento che ancora oggi i bilanci di Cgil, Cisl e Uil, che pure muovono miliardi di euro, hanno gli stessi obblighi contabili della bocciofila di Arquata Scrivia o del Club di Topolino. Dentro ci si può nascondere qualsiasi magheggio.

Quello di gonfiare la pensione con i maxistipendi degli ultimi mesi, per altro, non è l'unico privilegio concesso ai sindacati. Rimane anche quello, altrettanto assurdo, dei «distacchi» e dei «contributi figurativi». Chi fa il sindacalista, in pratica, ha davanti due strade: o ottiene il distacco (cioè continua a essere pagato dal suo datore di lavoro) o prende un'aspettativa non retribuita. Se ottiene il distacco, i suoi contributi continuano a essere pagati dal datore di lavoro, che è sempre lo Stato, dal momento che nel settore privato non ne vengono concessi praticamente mai. Se prende l'aspettativa non retribuita, invece, i contributi continuano a essere a carico dallo Stato, perché sono «figurativi», cioè conteggiati senza essere realmente versati. In entrambi i casi, è evidente, paghiamo noi.

Ed è proprio il meraviglioso meccanismo dei «contributi figurativi» che, come abbiamo già avuto modo di ricordare, ha consentito a D'Antoni di cominciare a incassare la pensione da professore universitario alla tenera età di 55 anni: 5.233 euro netti al mese, somma riguardevole, cui poi l'ex leader Cisl ha aggiunto i suoi vari vitalizi. Che volete? «Ho rispettato la legge» risponde lui. «Rispettiamo sempre la legge», ribadisce Susanna Camusso, battagliera segretaria Cgil, difendendo i privilegi previdenziali. «Pure noi rispettiamo la legge» ripetono in coro tutti i beneficiati. E come dare loro torto? Rispettano la legge. C'è però da chiedersi se possa essere accettata, da coloro che dovrebbero difendere i diritti di tutti, una legge che consente a 17.319 sindacalisti di andare in pensione con assegni superiori rispetto ai lavoratori che rappresentano. Una legge che permette al «soggetto 18», così lo identifica l'Inps proteggendone l'identità, di incassare 9.500 euro lordi al mese (115.000 euro l'anno), il 66 per cento in più di quello che avrebbe dovuto percepire senza «regalini». E al «soggetto 19» di incassare 11.

750 euro al mese, il 18 per cento in più di quanto avrebbe avuto diritto senza «regalino». I loro nomi, nonostante le nostre insistenze, a differenza di quelli dei parlamentari, restano sconosciuti. E anche questo, a pensarci bene, è un privilegio non da poco.

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