Un'emorragia sospetta quella dal centrodestra al movimento di Denis Verdini. Dopo l'addio di Francesco Amoruso e Domenico Auricchio di Forza Italia, traslocano tre fittiani che avevano accusato Silvio Berlusconi di essere troppo morbido con Matteo Renzi e ora finiscono tra le braccia dell'ex coordinatore azzurro alleato del premier: i senatori Saverio Romano e Pino Galati, il deputato Peppe Ruvolo. Alla Camera nasce la componente Ala dentro al gruppo Misto, perché in tutto sono 7 i deputati verdiniani che ufficializzano l'addio a Fi: oltre a Romano e Galati, D'Alessandro, Abrignani, Faenzi, Parisi e Mottola. Tutti spiegano la scelta in politichese, con nobili parole, ma per gli azzurri si muovono solo per interesse, per rancore o per «tengo famiglia». Parlano senza mezzi termini di «compravendita», «campagna acquisti indecente», uno «schifo», i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta, che si appellano al Quirinale, al presidente del Senato Pietro Grasso e alla magistratura. Le accuse pesanti ai transfughi vengono ripetute in Aula, con aggiunta di particolari, da Maurizio Gasparri e Augusto Minzolini.
Bruciano soprattutto quelle contro Amoruso. Uno che viene da lunga militanza di destra, ha sei legislature alle spalle, ha collaborato con Pino Tatarella, era definito un «gasparriano» e ora raccoglie insulti sul web. Brucia come uno schiaffo l'accusa di «comportamento miserevole», che proprio Gasparri gli lancia in Aula, gridandogli di vergognarsi: «Vorrei che restasse agli atti degli Senato e mi assumo la responsabilità di quello che dico, che il suo passaggio, come quello di altri, non è dovuto a sofferenze culturali. Ad Amoruso del Patto del Nazareno, a cui ha dedicato una nobile dichiarazione, non gliene è mai fregato niente: gli interessavano le consulenze per i familiari, probabilmente».
Anche Minzolini, nel suo intervento, ci va giù pesante. Denuncia l'aria «pestifera» che si respira «nei corridoi del palazzo», dove si «parla di presidenze di commissione o di rimpasti di governo». Cita il portavoce dei verdiniani Vincenzo D'Anna, dicendo che «le riforme non si votano per interesse personale» e poi Amoruso, Eva Longo. Aggiunge: «Non si può votare una riforma costituzionale perché “tengo famiglia”, caro Auricchio, né si può votarla per amicizia o, caro Bondi, per rancore».
Nel pieno del dibattito sulle riforme il clima s'infiamma e i verdiniani contrattaccano, sfidano gli azzurri ad «andare in procura», chiedono le dimissioni di Gasparri da vicepresidente del Senato, preannunciano una mozione di sfiducia. Si appellano a Grasso perché non consenta «gratuite accuse di mercimonio e altre ingiurie nei confronti dei colleghi».
Ma il vaso di Pandora è scoperchiato e quel che non si dice in Aula, si racconta nei corridoi. C'è chi ricorda la frase ammiccante di Auricchio in Transatlantico, quando già si parlava di un suo cambio: «Io sono un commerciante». Chi parla apertamente del «piatto di lenticchie» offertogli, con un posto di lavoro per il figlio. Di Amoruso, si dice tra gli azzurri che al timore di non essere ricandidato e di trovarsi a fine corsa si aggiungerebbero problemi coniugali che lo avrebbero spinto a «tradire».
Dentro all'Aula, intanto, sono strilla e urla tra il leghista Stefano Candiani che attacca per la «compravendita di senatori» e D'Anna. Il M5S parla di «suk indecente» e chiede a Grasso di «andare fino in fondo a questa storia e di non chiudere gli occhi davanti a questo ignobile mercato delle vacche».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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