Desirée, "Non fu uno stupro di gruppo". E i giudici fanno cadere l'accusa di omicidio

Per il Riesame non ci sono elementi per accusare di omicidio due dei quattro arrestati per la morte della 16enne

Desirée, "Non fu uno stupro di gruppo". E i giudici fanno cadere l'accusa di omicidio

Alinno Chima, detto "Sisco" e Brian Minthe, due dei quattro immigrati arrestati a seguito della morte di Desirée Mariottini, hanno trovato dei giudici che non credono del tutto alla ricostruzione fatta dai pm. L'impianto accusatorio ipotizzato dalla procura di Roma (omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e traffico di stupefacenti) subisce infatti un primo colpo.

Di fronte all'istanza presentata dal legale di "Sisco", l'avvocato Giuseppina Tenga, e da quelli dell'altro indagato, i giudici del collegio hanno ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per accusarli di omicidio e tenerli in carcere per questo. Non solo. Perché il collegio ha pure "alleggerito" l'addebito sullo stupro, se mai si può "alleggerire" una simile contestazione. Se i pm avevano accusato i quattro immigrati di violenza sessuale di gruppo, per i giudici del Riesame il crimine non sarebbe stato commesso in branco ma si sarebbe trattato di abusi "commessi singolarmente".

Si tratta ovviamente di una fase processuale: il Riesame è chiamato a valutare se sussitono o meno le condizioni per tenere in carcere gli indagati. I pm potranno comunque continuare a sostenere la tesi dello stupro di gruppo e, eventualmente, i due immigrati potrebbero comunque venir condannati per omicidio. Il processo vero e proprio si deve ancora aprire.

Resta il fatto che il Riesame ha valutato diversamente gli indizi e le prove raccolte dalla procura rispetto al Gip, che nel confermare la misura cautelare aveva scritto di come gli stranieri avessero agito "con pervicacia, crudeltà e disinvoltura", dimostrando "una elevatissima pericolosità non avendo avuto alcuna remora a porre in essere condotte estremamente lesive in danno di un soggetto minore giungendo al sacrificio del bene primario della vita".

"Sono contenta per il mio assistito nella cui innocenza, alla luce delle indagini svolte ho sempre creduto. Mi dispiace perché, indagini condotte in tal modo, rischiano di non rendere giustizia a quella povera ragazza", ha detto il legale di Alinno Chima, avvocato Giuseppina Tenga.

Secondo gli investigatori gli stranieri sarebbero stati consapevoli che la dose di droga ceduta a Desirée avrebbe potuto ammazzarla. Questa convinzione però sembra non convincere i giudici del Riesame.

Nonostante la decisione del collegio, comunque, sia Alinno che Brian resteranno in carcere: sul loro capo pendono ancora le accuse di spcaccio, cessione di stupefacenti e violenza sessuale (ma non di gruppo). Queste riconosciute pure dal Riesame.

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