La Procura di Ravenna ha interrogato i tre poliziotti indagati per aver fatto fare un giro in mare su una moto d'acqua della Polizia di Stato al figlio di Matteo Salvini. Il caso il 30 luglio a Milano Marittima, dove l'allora titolare del Viminale stava trascorrendo le vacanze. Una scena ripresa da cronista di Repubblica Valerio Lo Muzio, entrato poi in aspra polemica con lo stesso leader leghista.
Sulla questione era già stato aperto un fascicolo, venendo ipotizzati – sempre dalla procura ravennate – due reati: quello di violenza privata, tentata o consumata (ai danni del giornalista di Rep) e quello di peculato d'uso. Atti quindi inviati alle Questure di Roma e di Livorno alle quali appartengono i tre agenti della scorta e i due poliziotti incaricati della moto d'acqua della discordia. I tre poliziotti della scorta dell'ex ministro dell'Interno sono stati identificati – in seguito a richiesta proprio del Viminale – e dunque, chiamati a rispondere in Procura – hanno fornito la propria versione dell'accaduto, alla presenza dei rispettivi legali.
"Non mi permetto di giudicare il lavoro della magistratura, ma tre poliziotti convocati e indagati per il giro di cinque minuti sulla moto d'acqua di mio figlio... manco fossero spacciatori, rapinatori e stupratori... Un pò mi vergogno", ha commentato Salvini in diretta Facebook. "Prendetevela con me, non con altri, che non c'entrano niente", ha aggiunto l'ex ministro dell'Interno. Siamo in un "Paese ridicolo che ha bisogno di essere sistemato - ha continuato il leader della Lega - lasciate che i poliziotti inseguano i delinquenti e non che siano convocati come delinquenti".
"Se un errore c'è stato l'errore è mio - ha infine concluso l'ex ministro - convochi me, lo dirò a quel magistrato. Non ho parole. Posso signor procuratore, chiederle una cortesia, lasci lavorare questi poliziotti, chiami me. Se devo pagare pago io".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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