Foodora, tribunale respinge ricorso dei fattorini che protestavano

Il Tribunale del Lavoro di Torino ha respinto il ricorso presentato da sei ex rider di Foodora, che erano stati allontanati dopo le proteste di piazza per le questioni relative alla paga oraria

Foodora, tribunale respinge ricorso dei fattorini che protestavano

Sei ex rider di Foodora (le persone che muovendosi in bicicletta consegnano il cibo acquistato tramite un'app) avevano protestato scendendo in piazza contro l'azienda per le condizioni di lavoro ed erano stati allontanati. Il Tribunale del lavoro di Torino ha respinto il loro ricorso (avevano chiesto il reintegro e l’assunzione, oltre al risarcimento e ai contribuiti previdenziali non goduti). "Siamo soddisfatti - dice il legale dell’azienda di food delivery, Giovanni Realmonte - ora aspettiamo di leggere le motivazioni del giudice". Dopo la lettura della sentenza, i fattorini presenti in aula sono rimasti in silenzio. A parlare è il loro avvocato, Sergio Bonetto: "Purtroppo oggi non è stata fatta giustizia, questo è il nostro Paese. Quello che colpisce di più è che un’azienda può mandare chiunque a lasciare pacchi senza alcuna tutela". Aggiunge la collega Giulia Druetta: "Forse per cambiare le cose deve scapparci il morto. Sicuramente faremo appello. Questi contratti tolgono dignità ai lavoratori. È come se tutte le battaglie combattute negli ultimi ottant’anni non contassero più nulla".

La tesi dei lavoratori

In aula la difesa dei sei rider, citando numerose conversazioni via chat aziendale avvenute tra i lavoratori di Foodora Italia e i responsabili, ha cercato di dimostrare che "lo schema organizzativo del servizio era unilateralmente disposto dal datore di lavoro, pertanto il lavoratore era totalmente assoggettato al potere organizzativo dell'azienda che escludeva qualsiasi autonomia. I lavoratori, pertanto - ha sottolineato ancora la difesa - o sceglieva di seguire le indicazioni date oppure non lavorava". Secondo la difesa, infine, il modo in cui veniva gestito il rapporto di lavoro in cui "l'azienda aveva il pieno controllo dello strumento di lavoro, ogni loro movimento era tracciato come se avessero un braccialetto elettronico", unito al fatto "che erano dotati di abbigliamento brandizzato, non può che configurarsi di natura subordinata". La difesa aveva quindi chiesto per ciascun lavoratore una somma risarcitoria di 20 mila euro.

Foodora: "Nessun rapporto di subordinazione"

In Foodora "sulla base di quanto previsto oggi dal nostro ordinamento non c'è subordinazione perché manca l'obbligo di lavoro da una parte e di far lavorare dall'altra. La società non ha mai preteso tempi minimi di lavoro, i riders accedono alla piattaforma quanto e quando dare la disponibilità". Così in aula uno dei legali di Foodora, Ornella Girgenti, ha difeso la società.
"L'azienda - ha proseguito l'avvocato - decide chi far lavorare e quando far lavorare ma mai l'azienda si e' vincolata a far lavorare. La regola generale - ha aggiunto - era che il capoflotta pubblicasse il calendario settimanale e i ragazzi decidevano la loro disponibilità".

E ancora: "Molti rider rinunciavano ai turni attraverso uno strumento previsto dal sistema, senza preoccuparsi di cercare un sostituto, per esempio quando il tempo era brutto molti riders non si presentavano a lavorare, e c'è anche chi si è dimenticato di andare a lavoro senza scusarsi".

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