Quando i corvi cantano, molti particolari che si vorrebbero tenere nasconti vengono alla luce. Succede in ogni tipo di fuga di notizie, ma quando ad essere coinvolta sono la Chiesa e il papa, inevitabilmente, fanno più rumore. Soprattutto se tra le carte fatte uscire dalle colonne di San Pietro e pubblicate nel libro di prossima uscita di Gianluigi Nuzzi ("Via Crucis") ci sono delle registrazioni di conversazioni private del pontefice.
Il quadro che emerge dal libro che verrà pubblicato in 23 paesi è fosco. Mentre Bergoglio chiede trasparenza, molti in Vaticano hanno remato contro. Tanto che nelle registrazioni clandestine di Francesco (anticipate oggi dal Corriere), si sente un papa molto alterato. I file risalgono al 3 luglio del 2013 e Bergoglio era appena stato messo al corente della "quasi totale assenza di trasparenza nei bilanci sia della Santa Sede sia del Governatorato" in una lettera indirizzatagli dai revisori contabili della Prefettura. Nel documento si diceva come fosse "impossibile fornire una stima eloquente della reale posizione finanziaria".
A quel punto il pontefice sbotta. "Bisogna chiarire meglio le finanze della Santa Sede e renderle più trasparenti", si sente nella registrazione. Poi attacca affermando che "si è allargato troppo il numero dei dipendenti" e si lamenta per come i contabili della Santa Sede gestiscono i pagamenti delle aziende che ruotano attorno al Vaticano. "Uno dei responsabili mi diceva - continua Bergoglio -: 'Ma vengono con la fattura e allora dobbiamo pagare...'. No, non si paga. Se una cosa è stata fatta senza un preventivo, senza autorizzazione, non si paga. (...) C-h-i-a-r-e-z-z-a. Questo si fa nella ditta più umile e dobbiamo farlo anche noi". Secondo il papa "prima di ogni acquisto o di lavori strutturali si devono chiedere almeno tre preventivi che siano diversi per poter scegliere il più conveniente. Farò un esempio, quello della biblioteca. Il preventivo diceva 100 e poi sono stati pagati 200. Cosa è successo? Un po’ di più? Va bene, ma era nel preventivo o no? Ma dobbiamo pagarlo... Invece non si paga!".
Una sentenza netta contro le spese folli che permettono di "dire che buona parte dei costi sono fuori controllo". Poi lancia l'allarme sui contratti che vengono sottoscritti: "Hanno tante trappole, no? I nostri fornitori devono essere sempre aziende che garantiscono onestà e che propongono il giusto prezzo di mercato, sia per i prodotti sia per i servizi. E alcuni non garantiscono questo".
Poi ricorda con dolore cosa gli confidò l'economo generale della diocesi di Buenos Aires quando Bergoglio era ancora un prelato provinciale in merito ad alcuni investimenti fatti "in una banca seria e onesta. Poi, col cambiamento dell’economo, quello nuovo è andato alla banca per fare un controllo. Aveva chiesto come erano stati scelti gli investimenti: venne a sapere che più del 60% erano andati per la fabbricazione di armi!".
E sarebbe nato proprio da questa vicenda il desiderio del pontefice di fare pulizia in Curia, affidando il monitoraggio proprio a quella Cosea da cui poi sono usciti i carteggi. Il problema, però, è che mettere a posto i conti del Vaticano è praticamente impossibile.
Tanto che in una lettera di Joseph Zahra indirizzata a Bergoglio si legge: «È con rammarico che vi comunico che la commissione non è in grado di completare la posizione finanziaria consolidata della Santa Sede a causa della mancanza di dati fondamentali".Basti pensare che allo Ior risultano ancora attivi i conti correnti di papa Luciani (110.864 euro) e Paolo VI (296.151 dollari). Peccato sia morto da 37 anni.
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