"Io sono vivo, ma sto morendo". Inizia così lo straziante appello del maresciallo Marco Diana, lanciato su Facebook. Sono 16 anni che il soldato, dopo una vita passata a servire lo Stato nelle fila dell'esercito, combatte contro il peggiore dei nemici: un tumore che non gli sta lasciando scampo. Lui combatte con forza, ma le sue armi sono spuntate. E la colpa, dice lui, è dell'Italia che lo ha abbandonato al suo destino. Dimenticato. E anche "ufficialmente dichiarato morto".
L'appello del militare malato di cancro
Esatto. Non è uno scherzo. Marco Diana nel video-appello su Fb (guarda) fa riferimento ad un documento ufficiale dell'Italia che lo dichiara morto. Morto e sepolto. Peccato che lui sia vivo. O almeno questo è quello che sostiene nel video, parlando di un documento secretato che lui però avrebbe in mano: "Ufficialmente deceduto. Così è scritto in questo documento che mi avevano garantito sarebbe stato modificato - dice nel video, riportato da Cagliari Onoine - Invece non è ancora stato fatto. Mi domando perché risulto ancora deceduto per la Repubblica Italiana? Io ho una risposta: perché se ufficialmente sono morto le commissioni di inchiesta non possono chiamarmi per farmi domande sul mio stato di salute. Non possono pagare un biglietto, un albergo, vitto, alloggio e accompagnatore a un morto, per essere sentito. Perché non vogliono sentirmi? Perchè sono l'unica prova vivente con documenti alla mano, con i quali posso fare nomi e cognomi di chi ha creato le morti di tutti noi cittadini italiani mandati a morire dalla Repubblica Italiana, in nome e per conto del popolo italiano, in zone di guerra. Ci hanno voluto dimenticare. Perché diamo fastidio, siamo scomodi, i loro errori non devono essere visti. Ecco l'unico motivo che mi posso dare del perché risulto ancora ufficilamente deceduto".
Il soldato, un ex maresciallo dell'Esercito, ha fatto ben 10 anni di missioni passate, come racconta, tra il Kosovo e la Somalia. Poi però ha scoperto di avere un tumore probabilmente collegato alle sostanze tossiche con cui è stato a contatto durante la sua carriera militare.
Le cure cui si sottopone sono molto costose e lo Stato non lo aiuta, proprio perché lo considera ufficialmente morto. "Per pagarmi le cure - racconta - mi sono indebitato e ho venduto casa". Ma ora non basta più. Per questo su Facebook ha indetto una raccolta fondi. "Vi prego aiutatemi - scrive - diffondete il mio grido disperato per rimanere ancora vivo".
La risposta dell'osservatorio della Difesa
La denuncia del militare, ripresa in prima istanza da alcuni quotidiani locali in Sardegna, però, ha provocato la reazione del responsabile dell'Osservatorio militare per l'assistenza dei malati da uranio impoverito. Domenco Laggerio ha detto che "l'ex maresciallo del reggimento dei granatieri di Sardegna Marco Diana è stato ricompensato economicamente per la sua malattia, del quale ho profondo rispetto. Ma ho il dovere morale, nel rispetto di tutte quelle famiglie i cui cari si sono ammalati a causa del contatto con sostanze tossiche nelle vari missioni militari, e che ancora stanno combattendo con la burocrazia per ottenere i risarcimenti, di fare chiarezza una volta per tutte" smentisce o in qualche modo ridimensiona la denuncia del militare malato.
"Quello di Diana è l'unico caso in Italia che ha ottenuto i risarcimenti e gli indennizzi senza un procedimento giudiziario - commenta a Cagliari Online - a differenza dei tanti che ancora combattono con la burocrazia. La Sardegna è la regione tra le più colpite di militari malati da uranio e civili a ridosso dei poligoni, non credo sia giusto dare spazio a chi della malattia ne fa strumento per arricchirsi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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