I buonisti indignati per i modi di dire si tirano da soli la zappa sui piedi

I buonisti indignati per i modi di dire si tirano da soli la zappa sui piedi

Evidentemente non sanno come ammazzare il tempo. E, anche se lo sapessero, non lo farebbero per paura di finire indagati per omicidio di minuti. È l'unica spiegazione per il coro di proteste indignate levatosi dopo il titolo di ieri di Libero: «Per stendere Renzi bisogna sparargli». Un elogio ruspante della sua caparbietà di fronte ai tentativi maldestri di detronizzarlo, ma abbastanza per scatenare un macello. Ovviamente senza mannaie, che poi magari i vegani inorridiscono, meglio usare i social. Così, in molti, da sinistra, hanno messo in croce il direttore Vittorio Feltri con parole come chiodi: «Agghiacciante», ha twittato la Boldrini, alzando di qualche grado la temperatura del freezer. «Spazzatura», l'ha definita Grasso, indeciso se il 6% di voti raccolti da Mdp in Sicilia vada messo nell'umido o nel secco. Il Pd minaccia di usare il pugno di ferro, l'Ordine dei giornalisti paventa purghe. Un polverone mediatico alla faccia del Pm10.

Sembra una canzone di Elio, ma non lo è. Non bisogna aver visto qualche partita di calcio per capire che è solo un modo di dire. Messi non lo fermi neanche con le cannonate, ma solo un pazzo può pensare a una batteria di obici schierata nei distinti, così come solo un pazzo può pensare che, leggendo quel titolo, tutti corrano ad armarsi per freddare il leader Pd. Un pazzo o qualcuno in malafede, qualcuno che ha il dente avvelenato (ma il cianuro lo avrà acquistato regolarmente?). Qualcuno che vede il politicamente scorretto come fumo negli occhi e chissà chi è il piromane che ha appiccato l'incendio. Qualcuno che non vede l'ora di mangiarsi vivo chi non parla il buonismo come madre lingua. Cannibali.

Tagliando la testa al toro - gli animalisti ci perdonino -, le frasi idiomatiche sono parte fondante dell'italiano. Sono fossili linguistici del passato, di una cultura popolare che non aveva paura della materialità e che trasferiva nelle parole tutta la vita quotidiana, violenze e durezze comprese. Sono espressioni colorite che hanno perso da secoli il loro significato letterale, mantenendo solo quello figurato. Renzi - abituato a dirle e a darle di santa ragione - lo ha capito, e ha gettato acqua sul fuoco: «È una battuta, magari infelice, non una minaccia». Né più, né meno di tante altre espressioni comunissime nel gergo politico. «Guerra civile nel Pd», ma non ci sono le truppe cuperliane che fucilano gli orlandiani. «Decapitata la Regione», ma nessun cranio rotola sul selciato. «La manovra dissangua i contribuenti», ma non si vedono schizzi rossastri tipo Dario Argento. Le scarpe della Boschi sono un pugno in un occhio, ma non serve il Lasonil. D'altronde anche lo stesso Matteo ha detto che nel suo partito c'è chi vuole «farlo fuori», ma non risultano denunce per omicidio premeditato.

Insomma, stavolta le madonnine infilzate (ahia!) della buona creanza espressiva hanno preso una cantonata (ri-ahia!) e si sono date la zappa sui piedi (ri-ri-ahia!).

La loro crociata surreale per un linguaggio asettico e incolore non trionferà. Noi, che ogni tanto scorretti lo siamo e ce ne vantiamo, venderemo cara la pelle, pur se rugosa a volte, e non ci morderemo la lingua. Va bene che è lunga, ma, a occhio, non è troppo buona.

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