I lager libici sono un orrore. Ma i trafficanti sono peggio

Viaggio nella "polveriera libica" che nessuno conosce. Tutto ruota sui rimpatri. Ecco quello che Msf non racconta

I lager libici sono un orrore. Ma i trafficanti sono peggio

«Libertà, libertà», gridano i migranti detenuti in Libia sporgendosi con le braccia oltre le sbarre dei capannoni-celle dove sono costretti a sopravvivere, come gli schiavi dei tempi che furono. Li ho visti, incontrati e mi sono immerso nel lezzo di carne umana sotto chiave per realizzare nelle ultime due settimane il reportage sulla «Polveriera libica» nel numero di Panorama in edicola. Per questo sono ancora più indignato del gioco poco pulito di Msf, che con la sua lettera aperta e strappa lacrime indirizzata all'Italia e all'Europa, lancia accuse pesanti, ma mescola realtà diverse e soprattutto omette verità imbarazzanti. L'obiettivo della punta di lancia degli «umanitari» è chiaro e sempre lo stesso: riaprire le porte all'«invasione» di chi non fugge dalle guerre, non più con i barconi, ma attraverso «vie legali e sicure».

È vero che i migranti detenuti in Libia hanno le lacrime agli occhi, come scrive Msf, e vogliono essere liberati, ma tutti chiedono di tornare a casa, di venire rimpatriati il prima possibile. Alcuni attendono da oltre un anno, come una manna, i voli di rimpatrio dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Tutti si lamentano della lentezza delle loro ambasciate nel riconoscerli come propri cittadini e di Oim nel riportarli a casa. L'agenzia dell'Onu ha fondi limitati e quest'anno prevede il rimpatrio di diecimila persone, più della metà già eseguito. Nei centri di detenzione del ministero dell'Interno libico, però, ce ne sono almeno settemila. Prima di aprire le frontiere europee sarebbe meglio finanziare in maniera celere e robusta i rimpatri da Tripoli. Nella sua lettera Msf dedica all'argomento cruciale una sola riga.

Non c'è dubbio che per i migranti la Libia sia un inferno, ma nel j'accuse umanitario, si mescolano, con la classica tattica della disinformazia, fatti e situazioni diverse.

Sembra quasi che tutti i migranti soffrano come bestie solo nei centri di detenzione del governo. Ci sono entrato e garantisco che assomigliano a gironi danteschi, ma il grosso dei dannati, almeno mezzo milione di persone in attesa dell'imbarco verso l'Italia, è in mano ai trafficanti veri, non i poliziotti, che bruciano vivo chi non ha soldi, per dare un esempio.

Nelle gabbie del ministero dell'Interno i migranti non vengono trattati bene anche se sette centri sono stati appena chiusi proprio per questo motivo e molte guardie, pure a livello di comandanti, denunciano loro stessi una situazione «disumana». Non sono dei santi, ma non nascondono che con un budget di 1,25 dollari a testa al giorno per i pasti non si sfama un migrante. Le guardie puntano il dito contro l'Unione europea e le organizzazioni internazionali, che fanno troppo poco per migliorare la situazione. I centri di detenzione libici dovrebbero passare direttamente sotto controllo dell'Onu per fare rispettare gli standard minimi di umanità, eventualmente selezionare chi ha diritto all'asilo in Europa e rimandare a casa in tempi brevi gli altri. Neanche a cercarlo con il lanternino ho trovato un siriano, in fuga veramente dalla guerra, dopo una settimana passata nei famigerati centri libici. La stragrande maggioranza è composta da migranti per motivi economici, a cominciare da bengalesi e africani, che in Italia sono considerati illegali.

Non solo: nei gabbioni infernali dove vivono ammucchiati i migranti in condizioni terribili non ho visto neanche un volontario di Msf, che pure sostiene di operare da un anno nei centri di detenzione e tantomeno di altre Ong. Forse, prima delle lettere aperte, era meglio sporcarsi le mani fino in fondo infilandosi in massa nei «lager» libici convincendo il governo Serraj, appoggiato dall'Onu, per cercare di alleviare le pene dei dannati dell'immigrazione.

Per non parlare della voluta omissione di una banale verità, che tutti i migranti intercettati in mare e riportati in Libia ti raccontano.

All'imbarco i trafficanti li hanno sempre assicurato che il viaggio in gommone è breve e sicuro perché le navi italiane o delle Ong vengono a recuperarli nel giro di poche ore. E così è stato fino al famoso codice per le organizzazioni umanitarie e altre mosse del Viminale. A questo punto chi è complice di cosa nel dramma dei migranti in Libia?

www.gliocchidellaguerra.it

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