L’appello: ragazzi, imparate un mestiere

L’appello: ragazzi, imparate un mestiere

L a logica culturale del «tutti dottori», che rappresenterebbe un principio di eguaglianza sociale, è deleteria per i giovani e per le loro famiglie. Mi auguro ) di poter vedere il giorno in cui prenda vita una nuova consapevolezza, per quanto riguarda la formazione dei nostri figli, che valorizzi i percorsi formativi professionalizzanti, tale da non considerare quegli studi di serie B. Il «tutti dottori» è stata una parola d’ordine con cui si è preteso di riequilibrare la giustizia sociale, proprio degradando l’idea del lavoro manuale, cosa ancora più grave se si pensa che sono state le riforme dei governi di sinistra a destrutturare tutto il mondo delle scuole professionali. L’artigiano di fronte al laureato ha finito per essere considerato un perdente, una figura di secondo piano nel processo di sviluppo di una nazione. Questo pensiero perverso ha prodotto l’inutilità di gran parte delle fantasiose offerte formative delle Università di questi ultimi decenni, con la conseguenza di creare una massa incontrollabile di laureati disoccupati. Di fronte al numero crescente di iscrizioni universitarie è prevalsa la malaugurata idea di porre un argine attraverso demenziali test d’ingresso nelle facoltà, con il geniale risultato di alzare una barriera agli accesi per evitare il lavoro di selezione ai professori: oggi l’università serve per dare lo stipendio agli insegnanti, non per formare gli studenti, se non in situazioni molto particolari ed elitarie. Al legislatore dovrebbe venire in mente quel principio che si usa quando si mettono in banca i propri risparmi: diversificazione. E il nostro Paese ha una grande tradizione, quello dell’artigianato, in tutte le sue espressioni, da quelle artistiche a quelle tecniche – oggi anche tecnologiche. Il mondo del lavoro italiano è carente di queste forme di professionalizzazione, perché le scuole sono poche, perché non c’è una cultura che le sostenga. Ci sono profluvi di parole in questa campagna elettorale con cui tutti s’impegnano a dare posti di lavoro ai giovani, ma non sento una parola su come prepararli al lavoro. Nella stragrande maggioranza dei casi, i ragazzi sono disoccupati perché non sanno fare niente o hanno studiato cose inutili, presentate come fondamentali per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Una beffa, drammatica, in cui i veri innocenti sono i giovani e i truffati i genitori, in particolare quelli meno abbienti, i quali s’illudono che, laureando i propri figli, questi possano avere quel riscatto sociale che a loro è mancato. La vera parola d’ordine è restituire dignità a quel lavoro professionale che una stupida (o crudele) visione egualitaria ha distrutto, ritenendo che l’attività artigianale squalificasse la dignità del lavoratore.

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