L'onda di sangue della Maras a Milano

La zona di Milano ha la sua storia di sangue e di violenza legata alle pandillas salvadoregne: la MS13 e la Mara 18, entrambe nate a Los Angeles negli anni ’80

L'onda di sangue della Maras a Milano

All’alba di sabato 23 dicembre a Bregnano, in provincia di Como, veniva individuato e arrestato Luis Alonso Rodriguez Hernandez, cittadino salvadoregno di 33 anni ricercato nel proprio Paese d’origine per associazione a delinquere, presente nella “black list” dell’Interpol ed attualmente in attesa di estradizione. Il soggetto, che si nascondeva all’interno di un’abitazione di via Garibaldi, è infatti un membro della famigerata gang “Mara Salvatrucha”, nota anche come MS13 e la segnalazione alle autorità italiane era giunta dalla United States Immigration and Customs Enforcement (ICE) che aveva già nel mirino Rodriguez.

La situazione italiana

La zona di Milano ha la sua storia di sangue e di violenza legata alle pandillas salvadoregne: la MS13 e la Mara 18, entrambe nate a Los Angeles negli anni ’80 e successivamente diffusesi in USA, in America centrale e successivamente anche in Spagna e Italia. La spirale di violenza “marera” a Milano prendeva il via il 13 luglio 2008 quando una partita di calcio tra salvadoregni giocata presso il centro sportivo “Forza e Coraggio” di via Gallura degenerava in scontro tra membri della MS13 e della Mara 18 con tanto di cinghiate e un colpo di machete per cavare un occhio a Ricardo Antonio Gomez Guzman, 24 anni, raggiunto in via Pezzotti e ridotto in fin di vita. In seguito venivano arrestati quattro mareros della MS13. Un fatto che sconvolse la vasta e onesta comunità salvadoregna milanese che sperava di aver lasciato queste tristi vicende nel proprio Paese d’origine. Due degli arrestati (un cittadino messicano e un salvadoregno) erano entrambi considerati della “vecchia guardia” come emerge anche dall’età, rispettivamente 31 e 32 anni. L’aggressione era un segnale chiaro: le maras avevano messo piede a Milano, un rischio reale e inevitabile, legato al flusso migratorio proveniente dall’America Centrale ed era solo questione di tempo prima che la situazione degenerasse ulteriormente. Negli anni seguenti il “pentolone” maras iniziava a bollire e dopo due anni di indagini, a inizio ottobre 2013 la Polizia di Stato lanciava l’operazione “Mareros” che portava all’arresto di 24 membri della MS13, tutti di età compresa tra i 17 e i 36 anni, di origine latinoamericana, per la maggior parte salvadoregni, residenti nelle province di Milano, Brescia, Cremona, Novara, Pavia e Monza.

Gli arrestati venivano accusati dei reati di associazione per delinquere, rapina, porto illegale di armi da taglio e corpi contundenti, lesioni personali aggravate e aggressioni nei confronti di esponenti delle bande rivali. Due i principali obiettivi della gang: 1- affermarsi in ambito latino-americano in Lombardia 2- Raccogliere denaro per sostenere i mareros detenuti nelle carceri italiane. Con gli arresti dell’”operazione Mareros” la MS13 del milanese veniva decapitata, ma non sradicata, come emergerà poi nei sanguinosi fatti di cronaca che si sarebbero susseguiti di lì a poco, quando le giovani leve avrebbero cercato di prendere le redini della gang, mettendosi in evidenza con dei fatti di sangue che sarebbero serviti all’ascesa gerarchica. Erano le 21:50 dell’11 giugno 2015 quando all’altezza della stazione di Villapizzone Carlo Di Napoli, controllore su un treno di Trenord, si imbatteva in un gruppo di latinos privi di biglietto; ne nasceva un diverbio e Di Napoli veniva aggredito a colpi di machete dal diciannovenne salvadoregno Josè Emilio Rosa Martinez spalleggiato da Alexis Ernesto Garcia Rojas (salvadoregno) e da Jahir Jackson Trivino Lopez, meglio noto negli ambienti delle pandillas come “Peligro”, unico ecuadoregno del gruppo. I tre venivano individuati e posti in stato di arresto poche ore dopo. Due mesi dopo, nel settembre 2015, veniva invece sgominato lo “stato maggiore” della Mara 18 surenos, gang rivale della MS13.

Il suo “palabrero” (capo) era Denis Josue Hernandez Cabrera “el Gato”, già accusato di stupro a Milano e detenuto dal 2004 al 2013 nel Settore 1 della prigione di Izalco, in El Salvador. Il gruppo dei 18eros Surenos, che aveva fatto del Parco Trotter il suo nuovo punto di ritrovo, stava pianificando l’omicidio proprio di “Peligro”, uno dei componenti dell’aggressione a Carlo Di Napoli; piano sventato dagli investigatori. Il 3 luglio 2016 introno alle 22:30 nei pressi del locale “Lime Light” di porta Lodovica un gruppo di salvadoregni della MS13, in seguito a un banale litigio, prendeva d’assalto un tram della linea 15 , accoltellando al cuore un ragazzo albanese di diciannove anni, Albert Dreni, che non aveva nulla a che fare con il giro delle pandillas. Poco prima lo stesso gruppetto aveva accoltellato alla gola un ragazzo salvadoregno, anch’egli estraneo alle gangs e salvatosi per miracolo. Le indagini, prolungatesi nel tempo, portavano all’arresto di 15 membri della MS13 mentre un altro risulta ancora latitante. Il 15 novembre scorso veniva arrestato vicino Alessandria Josè Balmore Iraheta Argueta, ventottenne salvadoregno, irregolare sul territorio italiano e ricercato per ben due stupri, uno avvenuto su un treno locale nel 2010 ai danni di una ragazza italiana e un altro avvenuto lo scorso settembre nei confronti di una turista canadese. Iraheta era un membro della Mara 18, era già stato in carcere dopo essere stato condannato per un tentato omicidio nei confronti di un membro di una gang rivale e sul suo profilo Facebook mostrava con orgoglio i tatuaggi della gang, plausibilmente fatti in El Salvador.

La Lombardia ospita la più grande comunità salvadoregna fuori dalle Americhe e i membri delle maras potrebbero cercare di raggiungere la zona per cercare riparo dalle autorità d’oltre-Oceano, andando così a danneggiare anche tutti quei salvadoregni onesti che vivono in Italia e che sperano di lasciare il problema pandillas nel proprio Paese d’origine.

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