Prima ha ucciso a sangue freddo Luca Varani, poi ha preso un'intera boccetta di ansiolitico, comprato qualche giorno prima da Manuel Foffo.
Resosi conto di quello che aveva fatto, voleva suicidarsi Marco Prato. Così ha scritto sette pagine di lettere e messaggi per spiegare perché voleva togliersi la vita. Un lungo sfogo, racconta il Messaggero, su come la sua vita sia difficile. Del resto, negli ambienti gay lo conoscevano come la "lesbica con la parrucca" ed era convinto di essere la reincarnazione della cantante francese Dalida, dopo un'infanzia e un'adolescenza agiata in cui veniva preso in giro per la sua omosessualità e per il suo sovrappeso.
Da sempre Prato si sentiva donna, spiega nelle sue lettere. Voleva operarsi, ma la famiglia non vuole e qualcosa nella sua testa è scattato. Ormai il rapporto con la madre era irrecuperabile. "Quando scompare non lo cerco nemmeno più", ha ammesso la donna ai carabinieri. Lui continuava a raccattare "escort" o altro sesso a pagamento tramite Grindr, ad organizzare festini gay a base di droga - soprattutto la cosiddetta droga dello stupro -, alcool e sesso con il suo "ciuffo posticcio" - come lo definisce Dagospia - "che indossava con spavalderia e fierezza e dal quale non si separava mai, nemmeno durante le sue folli notti etiliche e drogherecce". Era considerato una specie di "stalker" che non lasciava mai libere le sue "prede".
Così nelle sue lettere prova a far capire cosa lo ha portato a un atto simile, pur senza mai accennare al delitto. Senza mai mostrare pentimento, come se nulla fosse mai avvenuto. Non era tra l'altro la prima volta che tentava il suicidio.
Ci avrebbe provato già altre tre volte, per un amore finito, durante lo "sballo" e dopo l'ennesima lite con la madre. Ma nemmeno questa volta ci è riuscito e dovrà rispondere di quello che ha fatto davanti alla giustizia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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