Il presidente Mattarella ha ricordato ieri che «la legge vale per tutti, anche per i politici». Non lo ha citato, ma il riferimento a Matteo Salvini e alle sue dure reazioni per le due inchieste che lo vedono coinvolto (sequestro di persona e truffa per i fondi della Lega) è apparso a tutti evidente. Il capo dello Stato ha lanciato il monito a Salvini nel corso della cerimonia per i cent'anni dalla nascita di Oscar Luigi Scalfaro, già notabile Dc e suo predecessore al Quirinale. Tutto bene, ma mai occasione fu così inappropriata per ricordare che chiunque non solo deve rispettare la legge, ma dovrebbe - soprattutto se politico - affrontare le inchieste tacendo.
In confronto a Scalfaro, infatti, Matteo Salvini appare come un dilettante - direi un'educanda - nel suo opporsi al corso della giustizia. Correva l'anno 1993, sera del 3 novembre. La Rai ha in onda la partita di coppa Uefa tra il Cagliari e i turchi del Trebisonda. Improvvisamente la trasmissione si interrompe e a reti unificate appare il faccione del presidente Scalfaro che sta per essere coinvolto nell'inchiesta sui fondi neri a disposizione dei ministri degli Interni, ruolo da lui ricoperto in precedenza. Livido di rabbia, Scalfaro pronuncia la famosa frase: «A questo gioco al massacro io non ci sto, non ci sto, non ci sto». Il giorno seguente gli accusatori di Scalfaro, alti funzionari del ministero, furono indagati per «attentato agli organi costituzionali», l'inchiesta sui fondi neri, di fatto, sospesa. E poco importa che l'anno seguente Scalfaro ammise la percezione di tali cifre «come tutti i miei predecessori» e che i funzionari furono poi prosciolti. Anche allora la legge avrebbe dovuto «valere per tutti, politici compresi». Ma per Scalfaro non fu così.
I soldi della Lega evidentemente hanno un odore diverso da quelli di Scalfaro, elevato a santo della politica quando in realtà parliamo del peggiore presidente nella storia della Repubblica.
Un presidente che tramò non poco per fare cadere il primo governo Berlusconi a lui in odio, sia utilizzando i pm di Mani Pulite (il famoso avviso di garanzia recapitato al Cavaliere durante il suo primo G8), sia convincendo Umberto Bossi (in cambio di cosa resta un mistero) a mollare Berlusconi al suo destino.Una ramanzina a Salvini da parte del capo dello Stato può far parte del gioco delle parti. Ma per favore non nel nome di Oscar Luigi Scalfaro, che parlandone da vivo non fu certo un esempio di etica politica.
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