Di Matteo a braccetto col M5s: "Ora serve un pentito dello Stato"

Il pm del processo sulla presunta trattiva Stato-mafia: "Non ho nulla da vergognarmi della stima di alcuni esponenti di M5s"

Di Matteo a braccetto col M5s: "Ora serve un pentito dello Stato"

"Non mi devo difendere da niente, ho partecipato ad Ivrea intervenendo a un dibattito sulla questione giustizia. Sarei andato ovunque mi avessero invitato altri partiti. Non ho nulla da vergognarmi della stima di alcuni esponenti di M5s e di altri partiti che mi hanno manifestato in qualche occasione. Tutto il resto è bagarre politica". Nino Di Matteo, pm al processo di primo grado a Palermo sulla presunta trattativa Stato-Mafia, risponde così alle accuse di vicinanza col Movimento 5 Stelle.

Intervistato a In mezz'ora in più su Rai3, Di Matteo poi contrattacca: "Accusare una sentenza di Corte d'assise di rispondere a criteri politici o addirittura partitici è ingiusto, ingeneroso e infondato nei confronti del collegio giudicante". E a proposito delle voci che lo vorrebbero impegnato in politica o in ruoli di responsabilità pubblica ed istituzionali diversi da quelli attuali (come fare il ministro, ndr), Di Matteo ha detto "non mi piace parlare di situazioni che non abbiano qualcosa di concreto: ho solo detto e continuo a pensare che non c'è nulla di scandaloso se un magistrato in generale, con determinati paletti e a determinate condizioni, possa dismettere la toga e dare un contributo al Paese sotto un'altra veste in determinati settori, anche accettando incarichi di governo". Per Di Matteo però "dovrebbe essere regolata meglio dalla legge la possibilità di tornare in magistratura, perché un'esperienza politica comunque pregiudicherebbe l'essere di nuovo magistrato".

In merito al processo di cui è pm poi ha dichiarato: "Sempre creduto nella fondatezza della nostra tesi accusatoria. Avevamo la consapevolezza di aver fatto il nostro dovere e di aver fatto emergere fatti mai emersi. La sentenza non ci coglie di sorpresa. È stata emessa da una corte particolarmente qualificata, attendiamo le motivazioni, ma un punto fermo è importante: nel momento in cui la mafia faceva 7 stragi e ne falliva altre, c'era qualcuno nelle istituzioni che trattava con i vetrici e trasmetteva le richieste per far cessare la strategia stragista". E ancora: "Non pensiamo che i carabinieri abbiano agito da soli. Non abbiamo avuto prove concrete, ma riteniamo che siano stati "incoraggiati" a fare questa trattativa". E poi Di Matteo invoca un "pnetito di Stato" "che faccia chiarezza definitivamente".

Infine l'accusa nei confronti di Anm e Csm:

"Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante di chi speravamo ci dovesse difendere, che invece è stato zitto, come l'Anm e il Csm".

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