Meno pasticcini e più ostie Mons. Negri sfida la Chiesa

È proprio un guanto di sfida questo libro di monsignor Luigi Negri, gettato in faccia a tutti coloro che, pur di fare pace col mondo, in Comunione e liberazione hanno tradito don Giussani e nella Chiesa hanno tradito Cristo

Meno pasticcini e più ostie Mons. Negri sfida la Chiesa

È proprio un guanto di sfida questo libro di monsignor Luigi Negri, gettato in faccia a tutti coloro che, pur di fare pace col mondo, in Comunione e liberazione hanno tradito don Giussani e nella Chiesa hanno tradito Cristo. Come sappiamo sono tantissimi e forse solo un vescovo emerito, suppergiù pensionato, poteva concedersi la libertà di mettersi contro mezzo mondo cattolico: la metà che detiene il potere, per giunta. Il vecchio allievo del fondatore di Cl, e primo presidente diocesano del movimento, non ha mai avuto peli sulla lingua. Stavolta ci si mette anche l'intervistatore Giampiero Beltotto che anziché moderare, come ci si poteva aspettare da un comunicatore istituzionale, aizza, essendo pure lui un ciellino della prima combattiva ora.

La sfida infra-ciellina è la parte meno necessaria del libro che si intitola per l'appunto La sfida, perché la sigla nata nel 1969 (ma con radici negli anni Cinquanta) mi sembra sempre più irrilevante come del resto pensa anche Negri: «L'esperienza dei movimenti non resiste più di fronte alle crescenti responsabilità». Quindi non è indispensabile accertare se nel seguente passaggio ci si riferisce a Formigoni o ad un altro dilapidatore, fra presidenze e assessorati, del patrimonio ideale ciellino: «A un certo punto, per propria natura, gli uomini che scelsero la politica si sentirono autoreferenziali in tutto».

Molto più importante è la sfida lanciata a tutti i livelli di una gerarchia cattolica sempre meno riconoscibile come tale. Innanzitutto ai preti, che nella fattispecie sono della diocesi di Ferrara ma potrebbero appartenere a qualsiasi altra diocesi europea: «Nel mio servizio episcopale me ne sono capitate di tutti i colori. Parroci che sostituivano il Vangelo con letture di altro genere; parroci che modificavano un determinato racconto evangelico perché a loro parere la parabola in questione non sarebbe dovuta terminare nel modo in cui l'aveva detta Gesù; laici che tenevano l'omelia al posto del prete; un matrimonio dove gli sposi, avendo constatato che la maggior parte dei partecipanti non si sarebbe comunicata, hanno chiesto, ottenendolo dal parroco, il permesso di distribuire loro dei pasticcini».

Quindi ai cardinali, ovviamente non a tutti ma a parecchi, ad esempio a tutti coloro che «insistono in questo sdoganamento dell'omosessualità».

E poi a due personaggi in particolare, Martini e Kasper. Il primo ha rappresentato «la Chiesa del compromesso con la mentalità mondana» e su di lui Negri racconta un desolante episodio: «Quando Turoldo dal presbiterio del Duomo tuonò contro la devozione mariana, che aveva definito pietà da Medioevo, il cardinale Giovanni Colombo gli tolse la possibilità di celebrare messa in cattedrale. Purtroppo il suo successore lo reinserì nei ranghi, gratificandolo, soprammercato, di non rammento quale onorificenza». Naturalmente il successore di Giovanni Colombo era Martini. Venendo ai vivi la sfida di Negri è ai prelati nordeuropei, ipocredenti e decadenti, che si permettono di dileggiare «come ha fatto il cardinal Kasper» i devoti e rigorosi vescovi africani. Il porporato tedesco è un divorzista e dunque un fan della Amoris laetitia, ambigua esortazione apostolica che ai divorziati sembra concedere la comunione senza esplicitarlo (forse perché in tal caso Papa Francesco sarebbe stato accusabile di eresia).

Sfida lanciata anche al capo dei gesuiti, colui che ritiene il Vangelo non vincolante perché a quel tempo non esisteva il registratore e chissà cosa ha davvero detto Gesù: «Qui siamo di fronte a un abisso di stupidità, esegeticamente ripugnante. Mi aspetto che il Papa espliciti il suo disaccordo». Campa cavallo. È passato più di un anno e il pontefice gesuita non ha esplicitato alcunché e padre Arturo Sosa è tranquillamente al suo posto.

Negri, lo abbiamo capito, è un vescovo senza macchia e senza paura, e non teme si possa scrivere che ha sfidato anche l'uomo vestito di bianco. «Lo spostamento di accento, per dirla con Giussani, dall'ontologia all'etica, segna le differenze tra i pontificati di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e quello di Papa Bergoglio.

Quest'ultimo ha deciso di sottolineare in modo imponente, fino quasi all'ossessività, le conseguenze socio-politiche della fede e non la natura profonda della fede». Non per nulla il sottotitolo del libro è Un viaggio della fede tra Giussani e Ratzinger. Come dire che con Carrón e Bergoglio, odierni capi di Cl e della Chiesa, il viaggio si è interrotto.

Quando ripartiremo, se ripartiremo? Il vecchio vescovo riporta la profezia formulata da Joseph Ratzinger nel lontano 1969, la visione di una Chiesa molto più piccola e di chiese molto più vuote, punto zero dal quale si dovrà e si potrà ripartire suscitando il nuovo interesse di un'umanità ormai del tutto ignara di Cristo e perciò disperata.

La riporta e la fa propria, dichiarandosi sicuro che «rimarrà un piccolo resto del popolo di Dio a camminare quotidianamente secondo la fede e non secondo le logiche del mondo». Preghiamo per quel piccolo resto e per il vescovo Negri.

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