Migranti, il cardinale avverte: "È Gesù che viene su un barcone"

Sul tema dei migranti la Chiesa non è intenzionata a mollare la presa. Il cardinal Montenegro, dalla Sicilia, richiama ancora la politica

Migranti, il cardinale avverte: "È Gesù che viene su un barcone"

Non accogliere i migranti significa non credere in Dio. Non le ha mandate certo a dire il cardinal Montenegro. Questo è solo l'ennesimo richiamo in materia d'immigrazione proveniente dalla Chiesa cattolica e dai suoi esponenti.

Giorni "caldi", nei quali si sta discutendo soprattutto della gestione dei fenomeni migratori. Mentre stati membri dell'Ue, politici e commentatori si esprimono sul tema a vari livelli, i prelati continuano a tirare "bordate" al governo. La sensazione è che dalle parti di Piazza San Pietro, dal caso Aquarius in poi, non abbiano gradito l'annuncio della chiusura dei porti. Ma neppure il cambio di linea promosso dal ministro Matteo Salvini sembra essere andato a genio. Da settimane, infatti, i vescovi non fanno che appellarsi all'umanitarismo del Belpaese. Un tratto tipico, che nella visione degli ecclesiastici non dovrebbe essere modificato. L'arcivescovo di Agrigento è uno di quelli che in questo periodo è intervenuto con più costanza. Durante l'omelia per la celebrazione di San Calogero, il porporato italiano non ha fatto altro che ribadire la posizione già espressa dal cardinal Ravasi e dalla maggior parte degli altri uomini di Chiesa.

"È una civiltà - ha esordito - ma purtroppo anche una religione che disconosce i diritti degli uomini, che fabbrica i poveri, e poi non li vuole perché danno fastidio, e li lascia morire". "I migranti, i poveri - ha continuato l'arcivescovo di Agrigento, come riportato dalla Sir - sono un termometro per la nostra fede. Non accoglierli, soprattutto chiudendo loro il cuore, è non credere in Dio – ha scandito il porporato –. Poi il virgolettato più "duro": "È Gesù a venire da noi su un barcone, è lui nell’uomo o nel bambino che muore annegato, è Gesù che rovista nei cassonetti per trovare un po’ di cibo". "Ogni migrante - ha chiosato Montenegro - è una storia e una vita che, ci piaccia o no, s’intreccia con le nostra". Ancora un altro ammonimento: "I poveri e i migranti - ha detto - hanno un nome come noi, sognano come noi, sono pieni di paure come noi, sperano come noi, vogliono una famiglia come noi, credono in qualcosa o in qualcuno come noi, osano come o più di noi, desiderano essere trattati come noi". Non deve esserci, quindi, nessuna differenza di trattamento tra chi arriva nel Belpaese e chi in Italia c'è già. Come a dire che "Prima gli italiani" è un slogan non riconosciuto dal Vangelo.

"La parola di Dio - ha insistito il cardinale - ci mette in guardia dall’essere ipocriti. Corriamo il pericolo di essere ipocriti quando stacchiamo la preghiera dalla vita; quando mettiamo la maschera dei buoni e poi, quando accadono le tragedie, sempre più frequenti, ci giriamo dall’altra parte, come se la cosa non ci interessasse, semmai recitiamo qualche preghiera per acquietare la nostra coscienza". "No", quindi, al cattolicesimo di comodo, che prega per ripulirsi la coscienza dinanzi alle tragedie.

"È vero - ha concluso il cardinale - che non possiamo risolvere noi problemi complessi come quelli dell’immigrazione e della povertà ma come cristiani abbiamo il dovere della compassione, uno dei nomi più belli della carità". La Chiesa cattolica non sembra intenzionata a mollare la presa. Di migranti e immigrazione si parlerà ancora molto. Altari "contro" scranni parlamentari.

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