Migranti, la Cei predica accoglienza (ma la fa a spese dello Stato)

Oltre 23mila migranti ospitati dalla Chiesa. Ma solo 4mila sono pagati con fondi ecclesiastici. Il 79% lo paga il governo

Migranti, la Cei predica accoglienza (ma la fa a spese dello Stato)

Il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, lo ha detto in tutte le salse: bisogna accogliere i migranti. Posizione legittima, per carità. Ma a spese di chi? Già, perché a conti fatti lo slancio caritatevole della Chiesa non lo sostengono le casse del Vaticano. Ma gli italiani.

A documentarlo sono i dati dell’ultimo rapporto della Caritas sulla "Protezione internazionale in Italia": a giugno 2016, il 17% degli stranieri accolti nel Belpaese erano presi in carico dalla Cei. Mica male. Anche perché di questi 23.201 immigrati che risultano nelle strutture religiose, solo 4.929 mangiano grazie a fondi ecclesiastici o donazioni. I restanti 18.272 (il 79%) la Chiesa li accoglie sì, ma usando i soldi dello Stato.

Difficile fornire una somma precisa. Galantino ad aprile li quantificava in 150 milioni di euro all’anno. Il Def (Documento di economia e finanza) parla invece di 1,8 miliardi dati alle confessioni religiose, principalmente la Chiesa, alla voce "Missione 27". Capitolo che l'Ufficio bilancio del Senato cita in cima alle spese per l'accoglienza.

A far man bassa di appalti sono le diocesi e la Caritas. L’ente della Cei compare come aggiudicatario in almeno 26 diverse prefetture attraverso le sue diramazioni locali o le fondazioni direttamente controllate. Sondrio, Latina, Pavia, Terni e via dicendo per un importo ben oltre i 30 milioni di euro l’anno. I dati risalgono a tutto il 2016: tra le più ricche la Caritas di Udine, con i suoi 2,7 milioni di euro. Poi la Mondo Nuovo Caritas di La Spezia (1,7 milioni) e infine quella di Firenze (664mila euro). Un capitolo a parte lo merita Cremona, città che ha dato i natali a Monsignor Gian Carlo Perego, direttore Generale di Migrantes (l’ufficio per le migrazioni della Cei). Qui la Chiesa ha fatto bottino pieno: oltre 3 milioni di euro alla diocesi cittadina e 1,6 milioni assegnati alla gemella di Crema. L’attuale vescovo di Ferrara, soprannominato “il prelato dei profughi”, quando guidava la Caritas cremonese lasciò in eredità la cooperativa “Servizi per l’accoglienza” degli immigrati. Coop che ovviamente non si è fatta sfuggire 1,2 milioni di euro di finanziamento nel circuito Cas e altri 2,4 milioni per la rete Sprar 2014/2016 da spartire con altre due associazioni.

“La Chiesa accolga gratis i migranti”, ha chiesto più volte Matteo Salvini invitando i vescovi a dichiararsi pure ospitali, ma senza pesare sui contribuenti. Parole al vento. E così per capire il variegato mondo cristiano nella gestione dell’immigrazione, bisogna pensare al sistema solare: al centro la Caritas (che di solito si occupa solo di coordinare) e tutto intorno un’immensa galassia di organizzazioni più o meno collegate. Vicine al sole ruotano decine di cooperative nate in seno alle diocesi e operative su suo mandato. Spiccano tra le altre la Diakonia onlus di Bergamo, che ha incassato 8,1 milioni. Oppure la Intrecci Coop di Milano, con i suoi 1,2 milioni di euro per l’accoglienza straordinaria a Varese. Dove non arriva la curia ci pensano i seminari, le parrocchie, gli ordini religiosi e le fondazioni. Come la “Madonna dei bambini del villaggio del ragazzo”, che l’anno scorso ha festeggiato l’assegnazione di 1,5 milioni di euro.

A poca distanza dal cuore del sistema si posizionano invece centinaia di associazioni che si richiamano a vario titolo alla dottrina sociale della Chiesa. Qualche esempio? Tra un coro dello Zecchino d’Oro e l’altro, la Antoniano onlus di Bologna ha accolto pure un piccolo gruppo di migranti. E con il sottofondo del “Piccolo coro” si è vista liquidare 129mila euro in un anno. Alla faccia di Topo Gigio. E ancora la cooperativa Edu-Care di Torino (2,6 milioni assegnati), la San Benedetto al Porto di Genova (fondata dal prete “rosso” Don Gallo), le Acli e via dicendo. L’elenco è sconfinato.

Papa Francesco l’ha detto chiaramente: “Chi non accoglie non è cristiano e non entrerà nel regno dei cieli”. Molti fedeli si sono adeguati, facendo il possibile per non perdere un posticino in Paradiso. E così si sono attivate pure una lunga serie di grandi cooperative bianche, gli ultimi tasselli che completato il puzzle. Al banchetto caritatevole partecipano tutte, dalle coop citate nelle carte di Mafia Capitale fino ad arrivare alla diffusa rete delle Misericordie d’Italia. La sezione più famosa è quella che gestisce il Cara di Isola di Capo Rizzuto, finito nella bufera con l’accusa di collegamenti con la mafia e trattamenti inumani verso i migranti. Ma le maglie della Venerabile Confraternita sono fitte e le sue affiliate non si fermano in Calabria. Alcune sezioni controllano diversi Cas tra Arezzo, Firenze, Ascoli, Pisa (e non solo).

In Toscana l’introito complessivo per il 2016 è succulento: 6,2 milioni di euro. E pensare che nel vademecum dei vescovi c’è scritto che l’ospitalità può essere anche “un gesto gratuito”. Alcuni non devono essersene accorti.

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