Nelle immagini si vedono due migranti legati piedi e mani distesi su due letti. Vengono torturati barbaramente e poi uno di loro ucciso. Il video è stato inviato dai trafficanti di uomini alle famiglie in Patria per chiedere più soldi. E di cellulare in cellulare, di WhatsApp in WhatsApp è arrivato anche sul telefono di alcuni richiedenti asilo ospitati dalla cooperativa torinese "L'isola di Ariel".
I frame sono sconcertanti. In un video, scrive il Corriere, si vede un aguzzino tagliare la gola ad un uomo. In un altro, invece (guarda), il trafficante frusta e picchia la vittima mentre gli chiede "quando, domani mattina?". Se i soldi non dovessero arrivare presto, infatti, i trafficanti potrebbero uccidere i soggetti ripresi nei filmati.
Secondo quanto scrive il quotidiano di via Solferino, "sono gli stessi sequestratori a realizzare i video all’interno dei campi di prigionia e ad inviarli ai famigliari, i quali, non avendo denaro a sufficienza per rispondere alle loro richieste, li inoltrano a chi è arrivato in Italia chiedendo aiuto".
La situazione dei campi di prigionia in Libia è nota ormai da tempo. L'Italia ha invitato le Ong ad impegnarsi attivamente per alleviare le sofferenze di chi cercava una via di ingresso in Europa e ora si trova bloccato sulle coste Nord dell'Africa. "Un ragazzo — racconta al Corriere Silvana Perrone, presidente della cooperativa di via Aquila a Torino — ha ricevuto un video che riprendeva un suo fratello completamente legato che veniva picchiato brutalmente". I soldi per pagare il riscatto, però, non bastano mai.
Certo non può bastare il pocket money da 75 euro che ogni mese i richiedenti asilo ricevono dallo Stato. "In molti - conclude Perrone - cercano nei bidoni della spazzatura oggetti da rivendere oppure provano a fare qualche lavoretto. Ma non basta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.