Le minacce del nomade ai cronisti: "Adesso io vi conosco..."

La nostra inchiesta sui campi nomadi in Emilia Romagna. Viaggio nell'area sosta di Bologna: "Italiani razzisti"

Le minacce del nomade ai cronisti: "Adesso io vi conosco..."

"Se sento qualcosa di brutto, io poi vi conosco…". Il dito puntato verso la telecamera non lascia molti dubbi all’interpretazione. Bologna, campo nomadi di via Erbosa. L’area sosta del capoluogo emiliano è da tempo al centro di polemiche, scontri politici, dibattito pubblico. È l’inizio di ottobre quando ci rechiamo per un sopralluogo. Stiamo indagando sulla formazione delle microaree che Regione e Comune intendono aprire per "superare" l'accampamento. Siamo lì per intervistare (anche) gli abitanti del campo. Uno di loro accetta il confronto. All’inizio è cordiale, poi scattano quelle che a tutti gli effetti ci appaiono minacce. "Può registrare anche la faccia, cosa crede. Che ho paura di lei? Te lo dico così: se sento qualcosa di brutto, io poi vi conosco…". E cosa fa? "Dopo vediamo cosa facciamo". Poi una risata. "Ci vediamo dopo, quando vedo sulla tv cosa c’è".

Abbiamo ragionato a lungo se riportare quanto successo. Ma crediamo che quelle frasi debbano essere raccontate, senza polemiche eccessive, perché a noi sembrano avvertimenti minacciosi. Le immagini sono disponibili (guarda qui), dunque ognuno si faccia la propria idea.

Va sottolineato, però, che per permettere il sopralluogo in via Erbosa sono state mobilitate almeno due volanti della polizia di Stato e una decina di agenti della Digos. Uno schieramento impensabile, direte. Vero. Un motivo però c’è: con noi erano infatti presenti anche tre esponenti locali di Fratelli d’Italia che pochi giorni prima erano stati aggrediti verbalmente per aver osato registrare una diretta Facebook di fronte al campo. Non è la prima volta, peraltro, che i politici finiscono nel mirino degli abitanti di via Erbosa. Nel 2014 Lucia Borgonzoni, attuale candidata alla carica di governatore dell’Emilia Romagna, era andata in visita istituzionale in veste di consigliera comunale. Ne aveva tutto il diritto, ma una nomade l’ha affrontata, spinta e schiaffeggiata. Tutto di fronte ad una telecamera.

L’area sosta di via Erbosa, come ampiamente documentato nell’inchiesta del Giornale.it, è costata diverse migliaia di euro ai contribuenti bolognesi. "Qui si mangia, si beve e si dorme”, racconta il nomade mostrandoci gli oggetti ammassati al campo in attesa di essere rivenduti. Dove li prendete? "Dai meccanici o per le case…". Sono rubate? "No. Se c’è un solo pezzo rubato poi mi fai la denuncia, ne rispondo io". Per vivere nell’area gli abitanti dovrebbero versare una quota di contribuzione, ma in molti risultano morosi. "Io ho sempre pagato", assicura l’uomo ai nostri microfoni. E gli altri? "C’è stato un periodo che non hanno mica pagato". Secondo il nomade, l’Ue avrebbe inviato tanti soldi "per noi", ma "quelli che comandano" non hanno "mai fatto niente". Eppure le utenze le paga, da anni, il Comune di Bologna. Cioè i contribuenti. Una anomalia che anche Matteo Salvini aveva a suo tempo denunciato. “A Salvini pensa Dio per lui - continua il nomade - Non scappa mica con quello che ha fatto qui: è andato a vedere tutte le bollette, è andato cinque anni indietro per farci pagare l’acqua e la luce”. E non doveva? “No. Qui il vostro governo ha ucciso mio fratello, Bellinati Rodolfo (una delle vittime della Uno Bianca, ndr). Eravamo andati a Modena, il giudice ci ha chiamato ancora qui e ci facevano pagare 100mila lire al mese. Poi 50 euro al mese. E basta. Quando è arrivato Salvini è andato indietro di 5 anni a farci pagare luce e acqua. E non è giusto". Non importa se tutti gli italiani, normalmente, devono saldare le bollette. "Lascia stare, noi non siamo cittadini: i cittadini prendono lo stipendio da mille o duemila euro al mese. Noi mica li prendiamo quei soldi lì".

A breve il campo di via Erbosa dovrebbe essere "superata": il Comune ha creato due microaree in cui trasferire i sinti in attesa che trovino una soluzione abitativa stabile.

Il programma è controverso, sia per i costi (leggi qui) che per l’idea, criticata da residenti e opposizione, di aprire due accampamenti per riuscire a chiederne uno. Intanto, l'accampamento resta lì, con i sui abitanti. Nomadi con la cittadinanza del Belpaese, ma convinti che gli italiani "non smettono mai di essere razzisti".

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